Sinergie di Scuola

Con la circolare del 5/05/2017, n. 20 la Ragioneria Generale dello Stato (RGS) ha voluto fornire uno strumento di supporto alle funzioni svolte dai Collegi dei revisori o sindacali presso gli Enti ed organismi pubblici, la cui attività è rivolta a garantire:

  • la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa;
  • la rigorosa gestione delle risorse pubbliche, anche in considerazione dell’attività di monitoraggio della spesa pubblica.

Il documento, aggiornato alla data del 1° aprile 2017, sostituisce quelle precedentemente emanate (da ultimo la Circolare n. 30 del 1/07/2004).

La Circolare “Vademecum per la revisione amministrativo-contabile degli enti” è alquanto articolata e si cura di approfondire le seguenti tematiche:

  • l’inquadramento del controllo di regolarità amministrativo-contabile;
  • le tipologie di verifiche da effettuare da parte dell’organo di controllo;
  • l’armonizzazione dei sistemi contabili;
  • le caratteristiche dei bilanci degli enti pubblici;
  • l’attività negoziale nella Pubblica Amministrazione;
  • gli aspetti fiscali della gestione;
  • aspetti inerenti alla gestione del personale;
  • cenni sul regime di responsabilità dei revisori dei conti.

Comprende inoltre un’appendice con gli esempi inerenti alle tipologie di verbale maggiormente ricorrenti.

Descrizione del Vademecum

La RGS ha voluto porre enfasi su ciò che accomuna l’attività di revisione nelle diverse tipologie di enti, individuando i principi generali posti alla base dell’attività di controllo.

Nel capitolo I viene illustrato il quadro generale di riferimento degli aspetti inerenti il controllo di regolarità amministrativa e contabile; gli elementi costitutivi dell’attività del collegio di revisione o sindacale; le modalità di definizione dei compensi spettanti ai revisori.

Il capitolo II presenta un’analisi di dettaglio delle verifiche amministrative e contabili.

Il capitolo III è dedicato all’inquadramento dell’armonizzazione dei sistemi contabili nel contesto nazionale ed europeo, con brevi cenni esplicativi sulle singole disposizioni legislative sulle quali il processo di riforma si è imperniato.

Il capitolo IV riguarda l’analisi dei bilanci degli enti in contabilità finanziaria e degli enti in contabilità economica. Con riguardo agli enti in contabilità finanziaria, nella trattazione è posta attenzione sugli aspetti che riguardano il bilancio di previsione e le sue variazioni e sono fornite indicazioni generali sulla relazione dei revisori che lo accompagna. Anche per la lettura del rendiconto generale sono fornite linee guida che aiutino i revisori in particolare, nell’esame del risultato di competenza e nell’analisi della gestione dei residui. Indicazioni separate riguardano il contenuto dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico.

Il capitolo V presenta gli aspetti inerenti l’attività negoziale nella pubblica amministrazione, fornendo un quadro generale sulle fonti normative di riferimento e sull’ambito di applicazione dei contratti. Con riguardo al tema della razionalizzazione, contrazione e centralizzazione della spesa pubblica per beni e servizi la circolare illustra il cd. Sistema Consip, fornendo indicazioni dei casi in cui esiste un generale obbligo di approvvigionamento e dei casi in cui tale utilizzo si configuri come mera facoltà. Con riguardo alla tematica relativa alle proroghe contrattuali, sono fornite indicazioni generali sull’evoluzione della disciplina e sugli orientamenti giurisprudenziali che su tale questione hanno inciso.

Il capitolo VI illustra gli aspetti fiscali della gestione con trattazione separata per le diverse tipologie di imposte dirette (IRES e IRAP) e indirette (IVA); fornisce inoltre indicazioni sulla figura del sostituto d’imposta e sugli adempimenti ai quali sono sottoposti gli enti nel ricoprire tale ruolo.

Il capitolo VII affronta gli aspetti relativi alla gestione del personale. L’analisi ha riguardato tre grandi aree, precisamente:

  • la verifica del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, con separata trattazione a riguardo dei limiti posti dalle norme di contenimento in termini finanziari e dei limiti posti alle assunzioni e ai processi di esternalizzazione;
  • i controlli da effettuare sull’applicazione della contrattazione collettiva;
  • i vincoli normativi posti all’impiego delle forme di lavoro flessibile e delle collaborazioni negli enti sottoposti a controllo.

Il capitolo VIII chiude l’opera fornendo cenni al regime di responsabilità dei revisori. Dopo una breve introduzione sono affrontate separatamente le trattazioni relative alla responsabilità amministrativa e alla responsabilità penale a cui è sottoposto il revisore. Sono inoltre delineati, in linea generale, gli obblighi di denuncia del revisore, sul contenuto minimo obbligatorio della stessa e sulla responsabilità occorrente nel caso di omissione.

Dalla trattazione completa sono state estrapolate e riportate di seguito alcune indicazioni riguardanti prettamente le istituzioni scolastiche.

Composizione e funzionamento del collegio dei revisori

La composizione del collegio dei revisori è, in via generale, definita dall’art. 6, comma 5 del Decreto Legge 31/05/2010, n. 78, convertito dalla Legge 30/07/2010, n. 122, che prevede che il collegio sia costituito da tre revisori.

Accanto a questo modello definito ordinario ne esistono altri, definiti anch’essi da disposizioni legislative, che prevedono che l’organo di controllo si costituisca in forma monocratica oppure in forma congiunta. Quest’ultimo modello è quello che configura l’organo di controllo delle istituzioni scolastiche statali (art. 1, comma 616 della Legge 296/2006) e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica-AFAM (art. 4, comma 71 della Legge 508/1999).

Nel caso dell’organo di controllo in forma congiunta la norma prevede l’esistenza di due revisori dei conti posti in posizione di parità ed entrambi dotati dei medesimi poteri.

Al fine di ricomporre eventuali divergenze in seno all’organo di revisione, il MIUR ha elaborato una raccolta di istruzioni per la risoluzione delle problematiche di maggior rilievo. Inoltre, qualora si verifichi l’assenza di uno dei due revisori, il parere relativo al bilancio di previsione o al consuntivo dovrà necessariamente essere formulato dall’unico revisore presente. Resta in carico all’altro revisore, ovviamente, l’onere della comunicazione delle ragioni dell’assenza. Le stesse considerazioni valgono anche per le altre attività di controllo di regolarità amministrativo-contabile quali, ad esempio, le verifiche di cassa.

Ciascun revisore dei conti può ovviamente promuovere l’azione di responsabilità, la segnalazione e la denuncia alla Procura regionale della Corte dei conti.

Compiti dei revisori dei conti

L’art. 20 del D.Lgs. 123/2011 elenca dettagliatamente i compiti dei collegi dei revisori dei conti e sindacali presso gli enti e organismi pubblici.

Si tratta di compiti che attengono alle due fondamentali attività di controllo amministrativo e controllo contabile.

La vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione si sostanzia, invece, nel verificare la conformità delle scelte di gestione ai generali criteri di razionalità economica. In particolare, secondo le norme di comportamento richiamate, i revisori devono accertare, sulla base delle informazioni ricevute, che l’organo decisionale non compia operazioni:

  • estranee all’oggetto sociale o allo statuto e in ogni caso incompatibili con gli obiettivi previsti per l’ente pubblico;
  • in cui un amministratore abbia un interesse proprio o per conto di terzi;
  • manifestamente imprudenti o azzardate e palesemente idonee a pregiudicare l’integrità del patrimonio dell’ente.

Tra i compiti tipici dei revisori presso enti pubblici fissati dall’art. 20 del D.Lgs. 123/2011 rientra la verifica della compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio.

Tenuta dei libri e delle scritture contabili

Tra le attività di controllo che il collegio dei revisori dei conti è chiamato a svolgere, con cadenza periodica, vi rientra la verifica della regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili.

Con riguardo alle istituzioni scolastiche il D.I. 44/2001 individua quali documenti contabili obbligatori i seguenti:

  1. il programma annuale;
  2. il giornale di cassa;
  3. i registri dei partitari delle entrate e delle spese;
  4. il registro del conto corrente postale;
  5. gli inventari;
  6. il registro delle minute spese;
  7. il registro dei contratti stipulati a norma dell’art. 31, comma 3;
  8. il conto consuntivo.

Inoltre, a far data dal 1° luglio 2014, le scuole hanno l’obbligo di adottare il registro unico delle fatture ai sensi dell’art. 42 del Decreto Legge 24/04/2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23/06/2014, n. 89. In applicazione del citato art. 42, le istituzioni scolastiche devono annotare le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti, entro dieci giorni dal ricevimento.

Dal 23 dicembre 2015, è invece, decaduto l’obbligo della tenuta del registro infortuni per effetto di quanto previsto dall’art. 21, comma 4, del D.Lgs. 14/09/2015, n. 151.

Verifiche dei documenti contabili

Durante la verifica di cassa, i revisori provvedono all’esame dei titoli di incasso e di pagamento (reversali e mandati) e della relativa documentazione giustificativa. I revisori, ai controlli sugli elementi essenziali delle reversali e dei mandati, devono aggiungere l’esame della documentazione a supporto di tali titoli di entrata e spesa.

Così, ad esempio, riguardo ai mandati, dovrà accertarsi l’esistenza e la regolarità degli atti autorizzativi della spesa, nonché la verifica della documentazione a corredo dei relativi titoli di spesa. Ad esempio fattura, DURC, CIG, presenza dell’indicazione del conto dedicato di cui all’art. 3 della Legge 13/08/2010, n. 136. Per i pagamenti, a qualsiasi titolo, di importo superiore a diecimila euro deve essere acquisita agli atti eventuale liberatoria Equitalia ex art. 48-bis del D.P.R. 29/09/1973, n. 602.

Nel caso in cui la comunicazione di Equitalia SpA (oggi sostituita da Agenzia delle entrate – Riscossione) contenga un inadempimento, la stessa riporterà anche l’indicazione dell’ammontare del debito del beneficiario per cui si è verificato l’inadempimento, comprensivo delle spese esecutive e degli interessi di mora dovuti. Con la stessa comunicazione, Equitalia SpA preannuncia l’intenzione dell’agente della riscossione competente per territorio di procedere alla notifica dell’ordine di versamento, di cui al successivo art. 72-bis dello stesso D.P.R. 602/1973. In tale ipotesi, il soggetto pubblico sospenderà il pagamento nei limiti dell’importo comunicato e per un periodo di trenta giorni successivi a quello della comunicazione, mentre potrà liquidare immediatamente l’eventuale parte eccedente. Durante il predetto periodo di trenta giorni saranno gli agenti della riscossione a doversi attivare al fine di notificare all’ente l’atto di pignoramento presso terzi sulle somme oggetto della sospensione. Decorso il suddetto arco temporale senza la notifica dell’atto di pignoramento, il soggetto pubblico può procedere al pagamento delle somme spettanti al beneficiario.

Con riferimento al DURC la circolare vademecum precisa che esso va richiesto obbligatoriamente dalle stazioni appaltanti in occasione dell’affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture. Indicazioni dettagliate sulle modalità di acquisizione del DURC sono contenute nella circolare n. 19/2015 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il DURC va richiesto anche nel caso di acquisti in economia di modesta entità. Invece, i pagamenti di fatture relative ad utenze (energia elettrica, gas ecc.), i pagamenti di abbonamenti (a riviste, quotidiani, pubblicazioni ecc.) e gli acquisti effettuati direttamente dal DSGA delle Istituzioni Scolastiche presso gli esercizi commerciali, facendo ricorso alle minute spese, restano esclusi dall’obbligo di richiedere il DURC.

Nell’ipotesi che dal DURC risulti una situazione di inadempienza contributiva la stazione appaltante trattiene l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. 18/04/2016, n. 50 (Codice Appalti). Tale istituto era stato già regolato dall’art. 4 (“Intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva”) del D.P.R. 5/10/2010, n. 270, il quale è stato abrogato dall’art. 217, comma 1, lett. u, del D.Lgs. 18/04/2016, n. 50. Tale trattenuta opera anche nel caso in cui le somme dovute all’appaltatore coprano solo in parte le inadempienze contributive risultanti dal DURC.

In materia di tracciabilità dei flussi finanziari, l’organo di controllo deve procedere anche alla verifica del rispetto di quanto previsto dall’art. 3 della Legge 13/08/2010, n. 136. Per approfondimenti in materia di tracciabilità si può far riferimento all’apposita sezione dell’ANAC.

Con riferimento al CIG (Codice identificativo gara) sempre l’ANAC ha ritenuto opportuno disciplinare il procedimento che determina il rilascio e il perfezionamento del CIG e ha in merito emanato una Delibera (n. 1 dell’11/01/2017) che è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1/02/2017.

Verifiche inventariali e di magazzino

Nel corso dell’esercizio e, comunque, in sede di esame del conto consuntivo, i revisori dei conti dovranno procedere al controllo dei registri degli inventari, accertando sia la regolarità delle relative scritture e la corrispondenza dei valori iscritti in inventario con quelli della situazione patrimoniale, sia la reale esistenza dei beni attraverso una ricognizione degli stessi, anche col sistema del campionamento.

In particolare, dovrà essere accertato che le scritture inventariali siano in ordine cronologico e che siano indicati tutti gli elementi che valgano a stabilire la provenienza, la consistenza, l’ubicazione, il valore e la eventuale rendita dei beni.

Andrà, infine, curata la “riconciliazione” dei dati degli inventari con quelli dello stato patrimoniale alla fine di ciascun esercizio finanziario.

Esame e riaccertamento dei residui

L’attività di controllo in merito all’esame e riaccertamento dei residui è rivolta alla verifica della sussistenza dei residui attivi e passivi, il cui ammontare si ripercuote direttamente sulla situazione amministrativa e, più precisamente, sull’avanzo (o sul disavanzo) di amministrazione.

In particolare, per quanto concerne i residui attivi, il collegio – al fine della loro conservazione in contabilità e nelle scritture patrimoniali – dovrà verificare la sussistenza, concreta e attuale, dei crediti sottostanti, ossia che gli stessi risultino giuridicamente fondati e non prescritti. Inoltre i revisori, soprattutto nei casi dubbi ovvero nel caso di importi rilevanti, potranno chiedere all’ente di ottenere dal debitore un documento attestante l’esistenza del rapporto obbligatorio, principalmente nell’ipotesi in cui il debitore sia un soggetto pubblico. Tale procedura risulta particolarmente utile al fine di evitare una impropria contabilizzazione dei crediti, dapprima ritenuti “certi”, perché vantati nei confronti di una amministrazione pubblica, ma in seguito divenuti inesistenti a causa, per esempio, di una riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato. Inoltre, consente di far emergere erronee registrazioni e di dar conto di possibili duplicazioni.

Nella circostanza in cui, a seguito del riesame, venisse accertato che il credito è divenuto inesigibile lo stesso dovrà, pertanto, essere cancellato dalle scritture contabili. Occorre tener presente che la normativa vigente prevede espressamente che i residui attivi possono essere ridotti o eliminati solo dopo che siano stati esperiti tutti gli atti per ottenerne la riscossione, a meno che il costo per l’esperimento di tale procedura superi l’importo da recuperare e risulti, quindi, antieconomico per l’ente.

Un’altra fattispecie possibile che legittimi la cancellazione dei residui attivi potrebbe riguardare un evidente errore commesso in occasione della registrazione dell’accertamento (ad esempio, per duplicazione).

Quanto detto per i residui attivi in linea generale vale anche per i residui passivi. Con riguardo a questi ultimi tuttavia bisogna tener presente che può verificarsi che si fondino su obbligazioni giuridicamente non perfezionate.

Come si legge nella Circolare-vademecum infatti, in taluni casi e a specifiche condizioni, è ammessa la prenotazione dell’impegno e, conseguentemente, l’annotazione di un debito, nel caso in cui lo stesso sia relativamente sicuro, anche se differito nel tempo e non siano stati ancora individuati puntualmente i beneficiari.

In tal caso, si è dato corso ad un mero accantonamento finalizzato a vincolare le relative risorse per un determinato fine. In tale ipotesi, mancando i necessari presupposti, non si tratta di un impegno di spesa.

I residui passivi possono essere cancellati in tutti i casi in cui è venuta meno la causa originaria del debito stesso ovvero nell’ipotesi in cui l’accantonamento di un previsto debito non sia più necessario.

Ulteriori cause di legittima cancellazione di un residuo passivo possono essere la remissione del debito da parte del creditore, la restituzione di una fornitura, l’annullamento di una gara per l’acquisizione di beni o servizi, l’entrata in vigore di una norma di riduzione della spesa, l’accertata prescrizione del debito, una favorevole pronuncia giurisdizionale, nonché il riscontro di un errore qual può essere ad esempio la duplicazione di una fattura.

Il collegio dei revisori è tenuto a sollecitare le operazioni di riaccertamento dei residui, al fine di corrispondere soprattutto al principio di veridicità del bilancio.

Attività negoziale nelle Pubbliche Amministrazioni

La pubblica amministrazione, al pari di altri soggetti dell’ordinamento, è anche dotata di una capacità giuridica di diritto privato che le consente di perseguire i fini ad essa assegnati mediante l’espletamento di attività negoziali.

Nell’ambito dell’attività negoziale della PA si suole distinguere tra contratti attivi e contratti passivi. I contratti attivi sono quelli che comportano un introito per l’amministrazione, mentre i contratti passivi determinano un esborso di denaro pubblico.

Tabella sintetica riassuntiva delle leggi nazionali di riferimento in tema di attività negoziale della P.A.

Ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici

I contratti passivi relativi alla fornitura di beni e servizi e all’esecuzione di lavori ricadono nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione e degli atti interni di attuazione.

In particolare la disciplina degli appalti pubblici è oggi contenuta nel D.Lgs. 18/04/2016, n. 50 che ha sostituito il precedente D.Lgs. 12/04/2006, n. 16.

Si definiscono appalti pubblici i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi. Mentre, sono concessioni di servizi i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto, in virtù dei quali una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi, riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi.

Gli appalti pubblici si distinguono a seconda che il loro oggetto sia di importo superiore o inferiore a determinate soglie.

Sono contratti sotto-soglia i contratti pubblici il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto è inferiore alle soglie indicate dall’art. 35 del D.Lgs. 50/2016.

Sono contratti di rilevanza europea i contratti pubblici il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto è pari o superiore alle soglie di cui all’art. 35 e che non rientrano tra i contratti esclusi.

La distinzione rileva ai fini della procedura utilizzabile per l’affidamento, poiché per i contratti sotto-soglia è previsto – ferma restando la possibilità di ricorrere a procedure ordinarie – il ricorso a procedure semplificate e, in taluni casi, ad affidamenti diretti.

Salvo i casi specifici indicati dalle norme (es. settore della difesa e dei servizi sociali), e salva la facoltà di ricorrere in ogni caso a procedure ordinarie, le soglie sono ripartite come da prospetto.

Inoltre, nell’ottica della riduzione del numero dei soggetti aggiudicatori, il nuovo codice prevede che, per procedere ad affidamenti di servizi e forniture di importo superiore a 40.000 euro e di lavori di importo superiore a 150.000 euro, le amministrazioni debbano essere in possesso di apposita qualificazione ai sensi dell’art. 38 del codice.

Procedure di scelta del contraente per i contratti passivi

Il D.Lgs. 50/2016 prevede che, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici nei settori ordinari, l’amministrazione utilizzi procedure aperte o ristrette previa pubblicazione di un bando o avviso di indizione di gara.

Il criterio di selezione degli operatori economici e delle offerte deve essere indicato dalle stazioni appaltanti nella determina a contrarre.

La procedura aperta si apre con un bando o con un avviso di indizione della gara, cui qualsiasi operatore economico interessato può rispondere per mezzo della presentazione di un’offerta.

Nelle procedure ristrette, invece, solo gli operatori economici selezionati tra quelli che hanno presentato una domanda di partecipazione al bando sono, poi, invitati a presentare un’offerta.

Oltre alle procedure ordinarie è previsto che, in casi determinati dalla legge, sia possibile ricorrere alle ulteriori modalità di scelta del contraente:

  • procedura competitiva con negoziazione: in presenza dei requisiti previsti dall’art. 59, comma 2;
  • procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara: in presenza dei requisiti previsti dall’art. 63;
  • partenariato per l’innovazione: in presenza dei requisiti previsti dall’art. 65;
  • dialogo competitivo: in presenza dei requisiti previsti dall’art. 59, comma 2.

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