Sinergie di Scuola

Lo studente, in quanto “cittadino” della comunità scolastica, ha precisi diritti e doveri, sanciti innanzitutto dal d.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (d’ora in poi “Statuto”), successivamente modificato dal d.P.R. 21 novembre 2007, n. 235.

L’U.S.R. per il Piemonte, per mezzo della circolare n. 138 dell’8/03/2012 ha esaminato il tema della responsabilità disciplinare degli studenti, proprio partendo dall’esegesi delle norme contenute nello Statuto summenzionato.

La circolare 138/2012 precisa che «anche in tale denegata ipotesi (mancanza del Regolamento d’istituto), si può ritenere che gli studenti stessi e, in ogni caso, chiunque vi abbia interesse, possano esercitare una sorta di potere di iniziativa, così come si può evincere dal tenore letterale del 2° comma dell’art. 5 a mente del quale: “L’organo di garanzia interno decide, su richiesta degli studenti della scuola secondaria superiore o di chiunque vi abbia interesse, anche sui conflitti che sorgano all’interno della scuola in merito all’applicazione del presente regolamento”. è tuttavia probabile che, allorché non sia stato adottato il Regolamento d’istituto, sia venuta a mancare anche la costituzione dell’organo di garanzia interno, deputato a risolvere eventuali conflitti in merito all’applicazione del Regolamento stesso. In tale ipotesi deve però ritenersi – interpretando estensivamente la norma –che gli studenti abbiano titolo a sollecitare una richiesta in tal senso».

Con l’espressione “richiesta in tal senso” si è inteso dire che gli studenti e altri interessati, quali ad esempio i genitori, hanno una facoltà di sollecitare la costituzione dell’Organo di Garanzia Interno, qualora questo non sia stato istituito. Inoltre, eventuali reclami degli studenti aventi ad oggetto il regolamento, le violazioni di esso (e tra esse anche la mancata costituzione dell’Organo di Garanzia anzidetto) e anche la mancanza del regolamento stesso potrebbero essere sottoposti in ultima istanza all’attenzione del «Direttore dell’ufficio scolastico regionale o un dirigente da questi delegato, tenuto a decidere previo parere vincolante di un organo di garanzia regionale [...]».

Nella circolare, infatti, si cita l’art. 3 del d.P.R. 249/1998, che elenca gli obblighi al cui rispetto è tenuto l’allievo (frequentare regolarmente i corsi; assolvere assiduamente agli impegni di studio; avere nei confronti del capo d’istituto, dei docenti, del personale tutto della scuola e dei loro compagni lo stesso rispetto, anche formale, che chiedono per se stessi; osservare le disposizioni organizzative e di sicurezza dettate dai regolamenti dei singoli istituti; utilizzare correttamente le strutture, i macchinari e i sussidi didattici; comportarsi nella vita scolastica in modo da non arrecare danni al patrimonio della scuola; condividere la responsabilità di rendere accogliente l’ambiente scolastico e averne cura come importante fattore di qualità della vita della scuola), con l’avvertimento che essi devono essere concretizzati e sanzionati nell’apposito regolamento d’istituto.

Si potrebbe affermare quindi, che il regolamento di istituto sta ai comportamenti indisciplinati degli alunni come il codice penale sta ai comportamenti illeciti dei rei. Da tale assunto consegue che il regolamento deve tipizzare, cioè elencare nel modo più preciso possibile, le condotte inammissibili, rendendole palesi agli studenti e a fronte delle quali essi, a seguito di un procedimento ben delineato nello stesso regolamento d’istituto, potranno essere sanzionati (o assolti).

Il predetto sforzo di precisa tipizzazione è stato sollecitato anche dalla giurisprudenza, attraverso la pronuncia del TAR Puglia del 31/07/2007, n. 3039 che ha ribadito l’obbligo delle istituzioni scolastiche di adottare il regolamento di disciplina degli studenti, al quale è affidato il compito di individuare:

  1. la tipologia e la descrizione dei comportamenti che possono dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari a carico degli studenti delle scuole secondarie superiori;
  2. la tipologia delle sanzioni disciplinari;
  3. gli organi scolastici competenti a irrogare tali sanzioni e il relativo procedimento.

In poche parole, non è sufficiente un mero rinvio allo Statuto da parte del regolamento d’istituto, che invece deve contenere una disciplina analitica delle infrazioni punibili.

Una sanzione atipica

La sospensione con obbligo di frequenza (consistente nell’imporre all’alunno sospeso di essere presente a scuola senza poter assistere alle lezioni) è un inusuale provvedimento disciplinare diverso e più grave dalla semplice sospensione, poiché l’alunno viene esposto alla particolare “curiosità” dei suoi compagni di classe. Mentre la sospensione semplice consiste nel forzato allontanamento dalla scuola, quella con obbligo di frequenza viene utilizzata per evitare che l’alunno viva la sospensione come un periodo di vacanza concesso dall’autorità scolastica, e la consideri, invece, come vera e propria sanzione punitiva.

Unicamente la sospensione è disciplinata dal d.P.R. n. 249/1998, quindi il ricorso alla sospensione con obbligo di frequenza risulterà legittima solo se la scuola l’avrà previamente inclusa fra le sanzioni irrogabili nel proprio regolamento di istituto, in base all’art. 4, comma 1, del predetto decreto (così TAR Puglia, BARI Sez. I - 30/08/2007, n. 2054, confermata da Cons. Stato - Sez. VI - 29/02/2008, n. 769).

Se il regolamento di istituto non è stato adottato

In mancanza del regolamento, stante l’intervenuta abrogazione (ad opera dell’art. 6 del DPR n. 249/1998) sia del titolo I, capo III, del R.D. n. 653/1925 , sia, con effetto dal 1° settembre 2000, dell’art. 328 del T.U. n. 297/1994 (ad opera dell’art. 17 del d.P.R. 8/3/1999, n. 275), trova applicazione solo l’art. 4 del citato d.P.R. n. 249/1998, il quale prescrive espressamente che:

«La responsabilità disciplinare è personale. Nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni [...]».

Relazioni giuridiche tra il patto educativo di corresponsabilità e il regolamento d’istituto

Principi e finalità da tener presente nell’irrogazione dei provvedimenti disciplinari

  • Le sanzioni disciplinari hanno finalità educativa e devono tendere al recupero dello studente;
  • la responsabilità disciplinare è personale;
  • nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni;
  • nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto;
  • le sanzioni sono sempre temporanee, proporzionate alla infrazione disciplinare e ispirate al principio di gradualità nonché, per quanto possibile, al principio della riparazione del danno;
  • le sanzioni tengono conto della situazione personale dello studente, della gravità del comportamento e delle conseguenze che da esso derivano;
  • le sanzioni e i provvedimenti che comportano allontanamento dalla comunità scolastica possono essere irrogate soltanto previa verifica della sussistenza di elementi concreti e precisi dai quali si desuma che l’infrazione disciplinare sia stata effettivamente commessa da parte dello studente incolpato.

Il patto educativo è stato introdotto dal d.P.R. n. 249/1998 evidenziando, all’art. 5-bis, 1° comma, sia che ne è richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti, contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica, sia che esso è finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.

Saranno i singoli regolamenti di istituto a disciplinare le procedure di sottoscrizione, nonché di elaborazione e revisione condivisa, del patto educativo di corresponsabilità (art. 5-bis, 2° comma).

I diritti e i doveri a cui fa riferimento il 1° comma dell’art. 5-bis non sono pienamente sovrapponibili a quelli previsti negli art. 2 e 3 dello stesso Statuto, altrimenti non si comprenderebbe la differenza tra questo ultimo documento e il patto educativo.

Dal punto di vista soggettivo, la più importante dissomiglianza tra i due atti è che i destinatari naturali del patto educativo sono soprattutto i genitori, ai quali la legge attribuisce in primis il dovere di educare i figli.

L’introduzione del patto di corresponsabilità è orientata a porre in evidenza il ruolo strategico che può essere svolto dalle famiglie nell’ambito di un’alleanza educativa che coinvolga la scuola, gli studenti e i loro genitori ciascuno secondo i rispettivi ruoli e responsabilità.

Anche sul piano concettuale occorre distinguere il patto educativo di corresponsabilità dal regolamento d’istituto.

Contratto stipulato tra scuola e famiglia sulle priorità educative il primo, vincolante con la sua sottoscrizione; atto unilaterale dell’istituzione scolastica verso i propri studenti, teso a fornire loro la specificazione dei comportamenti ad essi consentiti o vietati il secondo, vincolante con la sua adozione e pubblicazione all’albo. Si pensi al caso, sempre più frequente, del verificarsi di episodi di vandalismo o bullismo. La scuola potrà intervenire, da un lato, prevedendo un inasprimento delle sanzioni edittali contenute nel regolamento di istituto, dall’altro avvalendosi del patto educativo di corresponsabilità per rafforzare la condivisione da parte dei genitori delle priorità educative e del rispetto dei diritti e dei doveri di tutte le componenti presenti nella scuola (v. nota prot. n. 3602/P0,  31 luglio 2008 del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca – Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione).

Le fasi del procedimento disciplinare

Culpa in educando per le bravate dei figli

Se il figlio commette una bravata, «a carico dei genitori del minore, soprattutto se prossimo alla maggiore età, si configura una forma di responsabilità che rischia di rasentare quella oggettiva». Lo ha stabilito la Cassazione, terza sezione civile, che con la sentenza 4395/2012 ha condannato in solido, con i genitori, una ragazza all’epoca dei fatti 17enne che, scherzando con il fidanzato carabiniere, aveva maneggiato la pistola d’ordinanza e lo aveva ucciso accidentalmente con un colpo esploso da una distanza ravvicinata.

Per la Suprema Corte infatti «non è sufficiente, ai fini della prova di non aver potuto impedire il fatto dimostrare di avere genericamente dato un’educazione al minore, ovvero di averlo avviato al lavoro, ma è necessario dimostrare in modo rigoroso di avere impartito insegnamenti adeguati e sufficienti per educarlo ad una corretta vita di relazione».

Trascurare l’educazione dei propri figli può dunque costare caro.

Il procedimento si articola in quattro fasi:

  1. Fase dell’iniziativa. Il Dirigente scolastico dispone la comunicazione scritta dell’avvio del procedimento disciplinare alla famiglia dello studente minorenne o direttamente a questo ultimo se maggiorenne. Dalla data della comunicazione inizia il decorso dei termini per il deposito di memorie difensive e per presentarsi personalmente o accompagnati dai genitori al fine di esercitare il diritto alla difesa. Il Dirigente dovrà inoltre individuare il responsabile dell’istruttoria procedimentale (anche se la responsabilità finale sarà comunque attribuita al Capo d’istituto).
  2. Fase istruttoria.Il Dirigente scolastico, con l’ausilio del responsabile dell’istruttoria, raccoglie gli elementi necessari per accertare gli accadimenti e le relative responsabilità. Successivamente:
    1. notifica agli/allo alunni/o responsabili/e e alle loro famiglie (se minorenni), la data, l’ora, la sede e l’ordine del giorno del Consiglio di classe in seduta plenaria;
    2. convoca il Consiglio di classe completo di tutte le sue componenti, il quale:
      • potrà sospendere il colpevole per un periodo massimo di 15 gg. (per sospensioni che oltrepassino tale durata è necessaria la pronunzia del Consiglio di istituto);
      • potrà, su richiesta dello studente, convertire la sanzione nelle pene sostitutive della sospensione (es. scuse formali  redatte per iscritto e indirizzate all’interessato; attività di ricerca relative al tema dell’infrazione commessa: attività manuali volte al ripristino d’attrezzature, arredi, beni scolastici in genere indebitamente danneggiati; eliminazione di situazione di degrado di locali o spazi scolastici, o dell’ambiente in generale, provocate intenzionalmente o coscientemente; attività da svolgersi nell’ambito di iniziative di solidarietà promosse dalla scuola; attività di collaborazione con i responsabili della biblioteca scolastica per il riordino dei libri o per il riordino dei locali; ogni altra attività, manuale o intellettuale, educativa e vantaggiosa per la scuola);
      • dovrà redigere un verbale analitico, che dia atto in modo preciso, tra l’altro, degli atti e testimonianze acquisite e, soprattutto, della motivazione del provvedimento finale.
  3. Fase decisoria. Il Dirigente scolastico redigerà l’atto conclusivo di assoluzione o di erogazione della sanzione, sulla base del contenuto del verbale dell’organo collegiale (Consiglio di classe o di istituto). Egli non dovrà dimenticarsi di indicare il termine e l’organo davanti al quale impugnare il provvedimento disciplinare irrogato. Contro le sanzioni disciplinari è ammesso ricorso, da parte di chiunque vi abbia interesse, entro quindici giorni dalla comunicazione della loro irrogazione, ad un apposito organo di garanzia interno alla scuola, istituito e disciplinato dai regolamenti delle singole istituzioni scolastiche, del quale fa parte almeno un rappresentante eletto dagli studenti nella scuola secondaria superiore e dai genitori nella scuola media, che decide nel termine di dieci giorni. Tale organo, di norma, è composto da un docente designato dal consiglio di istituto e, nella scuola secondaria superiore, da un rappresentante eletto dagli studenti e da un rappresentante eletto dai genitori, ovvero, nella scuola secondaria di primo grado da due rappresentanti eletti dai genitori, ed è presieduto dal Dirigente scolastico (art 5, comma 1, d.P.R. 249/1998, come modificato dal d.P.R. 235/2007).
  4. Fase integrativa dell’efficacia. Il provvedimento adottato deve essere notificato per iscritto agli esercenti la potestà genitoriale dell’alunno minorenne o direttamente a questo ultimo se maggiorenne. La sanzione potrà essere attuata immediatamente dopo la notifica, anche prima che siano scaduti i termini per l’impugnazione.

Da quanto esposto si ricava che il procedimento disciplinare verso gli alunni ha natura amministrativa e il relativo procedimento rientra nel genus “procedimento amministrativo” (v. legge 241/1990). Ciò comporta che il relativo contenzioso sia di competenza del giudice amministrativo.

I ricorsi

A quale autorità ed entro quali termini si può ricorrere contro l’irrogazione del provvedimento disciplinare? La risposta si può agilmente schematizzare così:

  1. In primo gradoil ricorso da parte di chiunque vi abbia interesse (genitori, studenti) deve essere indirizzato a:
    • Autorità: Organo di Garanzia Interno;
    • Termine: entro 15 giorni dalla comunicazione della irrogazione;
    • Decisione: deve essere presa dall’Organo di Garanzia entro 10 giorni.
  2. In secondo grado:
    • Autorità: Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale (o Dirigente da questi delegato) che decide in ultima istanza, previo parere vincolante dell’Organo di Garanzia Regionale;
    • Termine: non indicato. La circ. 138/2012, cit., ritiene, in analogia con quanto previsto dal comma 1 dell’art. 5 dello Statuto, che esso debba essere di 15 giorni dalla comunicazione della decisione dell’Organo di garanzia interno o dallo spirare del termine di decisione ad esso attribuito;
    • Decisione: previo parere vincolante dell’Organo di Garanzia Regionale da rendere entro 30 giorni prorogabili di ulteriori 15 gg. per esigenze istruttorie.

Rapporto tra procedimento disciplinare e penale

Premesso che l’allontanamento dello studente dalla comunità scolastica può essere disposto anche quando siano stati commessi reati che violano la dignità e il rispetto della persona umana o vi sia pericolo per l’incolumità delle persone (art. 4, comma 9, Statuto), il TAR Puglia – Bari Sez. I – 15/09/2004, n. 4172, ha precisato che:

«Dalla lettura della trascritta disposizione [cioè dell’art. 4, comma 9, Statuto, n.d.a.] non pare al Collegio che sia necessaria, per l’applicazione della stessa, la pregiudiziale penale, e cioè l’accertamento del reato da parte dell’Autorità giudiziaria. è l’organo disciplinare che deve verificare, nell’ambito delle sue competenze e per le finalità sue proprie, se i fatti verificatesi possano integrare gli estremi del reato. Come giustamente osservato dalla difesa erariale, il processo penale ed il procedimento disciplinare riguardante gli studenti di scuole statali muovono su binari paralleli che perseguono scopi diversi: il processo penale mira infatti ad accertare la colpevolezza dell’imputato nel mentre l’azione disciplinare ha la finalità di sanzionare comportamenti in violazione dei doveri degli studenti come indicati nell’art. 3 citato dPR n. 249/1998.
Tra l’altro a seguire la tesi della pregiudiziale penale, la disposizione di cui al trascritto comma 9 sarebbe destinata a rimanere solo sulla carta, considerandosi i tempi necessari per aversi la definizione del giudicato, non compatibili col periodo dell’anno scolastico (9 mesi).
Perché l’organo di disciplina possa iniziare il procedimento per la sanzione dell’allontanamento dell’allievo per un periodo superiore a 15 gg., pare quindi al Collegio che lo stesso possa prescindere dall’esame se – ed in altra sede – vi sia stata applicazione delle norme di diritto processuale penale, risultando sufficiente ai fini dell’azione disciplinare che sia avvenuto un fatto previsto dalla legge come reato».

Le sanzioni nella scuola primaria

La circolare 138/2012 ha sancito che:

«Per gli alunni della scuola primaria risulta ancora vigente il Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1927, salvo che per le disposizioni da ritenersi abrogate per incompatibilità con la disciplina successivamente intervenuta; sicuramente tale riferimento normativo è da considerarsi anacronistico. In ogni caso le disposizioni così sopravvissute devono essere comunque attualizzate tramite la contestuale applicazione delle regole generali sull’azione amministrativa derivanti dalla legge n. 241/1990».

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