Sinergie di Scuola

Sul num. 103 – Novembre 2020 di Sinergie di Scuola scrissi un breve commento all’ordinanza 19618 del 18/09/2020 della Corte di Cassazione, Sez. Lavoro.

Questa rimetteva al Presidente della Corte di Cassazione la valutazione se deferire la decisione alle Sezioni Unite.

Concludevo il commento informando i lettori che sarebbero stati aggiornati sugli sviluppi della vicenda: il 9 settembre scorso è stata pubblicata la decisone delle Sezioni Unite.

La sentenza 24414/2021 della Cassazione

La vicenda portata al giudizio delle Sezioni Unite è ricca di spunti di riflessione che sono stati ampiamente esaminati dalla Suprema Corte per la rilevanza dei diritti “in gioco”.

La causa ha come oggetto principale l’impugnazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento per trenta giorni, comminata per le seguenti condotte:

  1. l’insegnante aveva reiteratamente attuato un comportamento in contrasto con la volontà espressa dalla maggioranza degli studenti;
  2. quella volontà era stata poi accolta dal Dirigente scolastico, che ne aveva prescritto il rispetto a tutti i docenti con nota circolare, seguita da una diffida indirizzata specificamente al docente sanzionato, il quale avrebbe dovuto osservare le disposizioni del superiore gerarchico;
  3. il richiamo alla libertà di insegnamento era pretestuoso, perché smentito dai comportamenti del docente, in palese contrasto con la volontà espressa dai docenti nel consiglio di classe;
  4. il docente era venuto meno consapevolmente all’obbligo di rapportarsi con gli altri organi collegiali ai fini del raggiungimento degli obiettivi condivisi;
  5. “togliere e mettere” il crocifisso, all’ingresso in aula dell’insegnante, non era educativo;
  6. il docente aveva usato parole offensive (come “cialtrone, approssimativo”) verso il Dirigente scolastico nel corso del Consiglio di classe dove si discusse dell’affissione del crocifisso in aula.

Il nodo da sciogliere dunque riguarda la compatibilità tra l’ordine del Dirigente scolastico di esposizione del crocifisso, impartito sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall’assemblea di classe degli studenti, e la libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, intesa quest’ultima anche come libertà negativa, da assicurare ad ogni docente.

Cosa stabiliscono le Sezioni Unite

Il caso trae origine dalla circolare del Dirigente scolastico che ha ritenuto la scelta degli studenti «coerente con la cultura italiana, che ha nel pensiero cristiano una componente fondamentale, e con le leggi e la Costituzione di questo Paese» e presenta indubbi caratteri di novità rispetto a casi similari decisi, con riferimento sia alla delibera degli studenti, presupposto della circolare, che alle ricadute sul docente dissenziente.

I temi coinvolti sono quelli della laicità dello Stato e della non discriminazione, che presuppongono vi sia, in uno Stato veramente aconfessionale, una necessaria equidistanza tra le istituzioni e le religioni.

L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è prevista da alcuna disposizione di rango legislativo ma è rinvenibile in un quadro normativo “debole”, tanto per il grado non primario della fonte quanto, e soprattutto, per l’epoca pre-costituzionale dell’emanazione della relativa disciplina (parliamo del Regno d’Italia durante il fascismo), in cui la religione cattolica era la religione di Stato.

L’esposizione del crocifisso, difatti, è prevista da due regolamenti (uno del 1924, l’altro del 1928) che includono il crocifisso tra gli arredi scolastici rispettivamente per le scuole medie ed elementari.

Le Sezioni Unite ritengono che la norma regolamentare si riferisca anche alle scuole superiori perché il termine “istruzione media” deve essere letto secondo la strutturazione del sistema scolastico al momento della introduzione della disciplina, quando gli istituti medi di istruzione erano di primo e di secondo grado.

Per il Procuratore generale, mentre è incompatibile con la Costituzione la previsione dell’obbligo di collocare nella scuola pubblica il simbolo religioso, è invece legittima la collocazione del medesimo simbolo, nella stessa aula, se attuata in autonomia nel contesto scolastico sulla base di un metodo “mite” che si faccia carico di tutte le esigenze in tensione.

Le Sezioni Unite ritengono che l’affissione autoritativa del crocifisso non sia esplicazione della libertà religiosa positiva e, allo stesso tempo, comprima la libertà religiosa, nella sua valenza negativa, del non credente.

La libertà religiosa negativa merita la stessa tutela e la stessa protezione della libertà religiosa positiva.

La disposizione regolamentare quindi non può più essere letta come implicante l’obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole, ma, secondo una lettura costituzionalmente orientata, va considerata oggi una facoltà, affidando alle singole comunità scolastiche la decisione circa la presenza dei simboli religiosi nelle proprie aule, in base ad una linea di composizione dei possibili conflitti all’interno dell’Istituzione scolastica, secondo il principio base della sussidiarietà orizzontale che trova spazio e riconoscimento nell’art. 118 Cost.

Questa è quella che le Sezioni Unite definiscono una soluzione “mite”, che si articoli in scelte da effettuare caso per caso, alla luce delle concrete esigenze, nei singoli Istituti scolastici, con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti e con il metodo della ricerca del più ampio consenso.

La Cassazione ritiene quindi che il crocifisso affisso al muro di un’aula scolastica sia un simbolo essenzialmente passivo, un atto di testimonianza, di professione della fede religiosa da parte dei componenti di quella comunità di vita in formazione che è una classe di scuola.

Così intesa, l’affissione del crocifisso non ostacola il docente nell’esercizio di alcuna delle sue libertà, anche quella di criticare davanti alla classe, in forme legittime e rispettose della altrui coscienza morale, il significato e la stessa presenza del simbolo.

La «situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone» non è ravvisabile nel mero fastidio o nel disaccordo sul piano culturale.

L’affissione del crocifisso può risultare sgradita al ricorrente, ma da sola non è in grado né di intaccare la sfera delle sue convinzioni personali e delle sue opzioni in materia religiosa, né di pregiudicare la possibilità di esprimerle e di manifestarle, come cittadino e come docente, nell’ambiente scolastico.

Le convinzioni personali dell’insegnante, orientate alla negazione di qualsiasi realtà della dimensione divina, come pure la libertà di manifestazione delle stesse, restano tali e non sono minacciate in ragione della presenza di quelle altrui, anche opposte e confliggenti, e delle rappresentazioni simboliche che di esse facciano gli studenti.

Nell’ipotesi della affissione derivante da una richiesta degli studenti, la mera percezione visiva del crocifisso è il risultato dell’esercizio di un diritto fondamentale da parte degli alunni che fanno parte della stessa comunità. Non è configurabile discriminazione per il fatto che il docente non è stato risparmiato, nello spazio pubblico condiviso, da quella esposizione e da quella percezione visiva. Lo spirito di tolleranza e il rispetto della coscienza morale degli alunni, cui il docente è tenuto a conformare il suo comportamento, valgono proprio a fronte di opinioni o convinzioni da lui non condivise.

Date queste premesse, la circolare del Dirigente scolastico non è dunque conforme al modello e al metodo di una comunità dialogante che ricerca insieme la composizione di diritti uguali e contrari, e non esprime una soluzione di mediazione o di compromesso.

Il docente, anch’egli componente della comunità scolastica, è infatti rimasto estraneo al processo deliberativo votato dagli studenti a maggioranza e recepito acriticamente dal Consiglio di classe, con una mera presa d’atto, né il Dirigente scolastico ha aiutato gli studenti e il docente a trovare una soluzione di compromesso da tutti sostenibile e rispettosa delle diverse sensibilità.

Il Dirigente scolastico infatti, senza vestirsi della terzietà del mediatore, non ha operato alcun giusto contemperamento per trovare una regola che tenesse conto del punto di vista del dissenziente, ma ha dato seguito, semplicemente, alla richiesta degli studenti, laddove, a contrario, avrebbe dovuto rinvenire una soluzione concreta che, nell’autorizzare l’affissione del crocifisso, avesse consentito altresì alla libertà negativa del docente dissenziente di incidere sulle modalità della collocazione del simbolo religioso.

L’illegittimità della circolare determina quindi l’invalidità della sanzione disciplinare inflitta al docente dissenziente; tuttavia, poiché questa si riferisce anche a una componente di addebito di scorrettezza del comportamento correlata alle plurime espressioni sconvenienti e irriguardose rivolte dal docente al Dirigente scolastico, la causa viene rinviata alla Corte d’Appello per decidere sulla residuale porzione di contestazione disciplinare ancora attiva, riguardante appunto le espressioni offensive.

(le considerazioni svolte sono frutto esclusivo dell’autore e non impegnano l’amministrazione di appartenenza non essendo a questa riconducibili)

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