Sinergie di Scuola

«Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia». Così scriveva Daniel Pennac.

Gestire una classe è diventato, per molti insegnanti, un arduo compito: oggi le classi difficili sono le classi normali. Mentre ieri i docenti erano autorevoli a priori, oggi, invece, sono “re nudi senza corona” (Stefano Rossi). La taglia unica, nella scuola odierna, non funziona più. Gli insegnanti, per gestire efficacemente una classe, devono tenere a mente molti principi, ma soprattutto devono partire da un concetto base senza il quale non è possibile fare scuola: la passione.

Imparare a gestire l’eterogeneità di un gruppo, sovente molto vasto, è una questione intimamente legata al proprio stile di insegnamento, al proprio bagaglio culturale e alla propria storia personale. Sono molteplici gli obiettivi che un insegnante deve raggiungere quando entra in aula: comunicare in modo chiaro ed efficace, costruire una relazione significativa con tutti i suoi studenti, condurre una lezione che sia finalizzata ad un vero apprendimento e verificare che i risultati attesi siano stati conseguiti. Non è semplice: sono tutti aspetti, infatti, che possono diventare motivo di ansia e preoccupazione anche per i docenti più esperti. La scuola di oggi chiede sempre di più, ci si aspetta sempre di più da chi si trova dietro la cattedra. L’insegnante del terzo millennio è spesso sotto assedio, passato ai raggi X da studenti e genitori e con una professionalità che viene in più occasioni messa in discussione. Serve una scuola capace e competente, non noiosa, con docenti coraggiosi oltre che preparati e appassionati. Occorre una didattica coinvolgente, inclusiva e affascinante, non stantia.

Non si tratta certo di un percorso semplice, tutt’altro, ma possiamo partire da un qualcosa di ineludibile: per gestire la classe occorre innanzitutto conoscere molto bene i propri studenti e i loro bisogni, quindi gettare dei ponti e costruire delle relazioni basate su fiducia e rispetto reciproci.

Le classi e gli studenti di oggi

Quando mi confronto con colleghi che hanno alle spalle molti anni di insegnamento, mi capita spesso di sentirmi dire che “non esistono più le classi di una volta”. Cosa significa? Come erano le classi di una volta, tanto rimpiante da questi nostalgici insegnanti?

La lamentela comune è che le classi di oggi sono sempre più difficili da gestire e per questo si fa sempre meno, con il doppio della fatica e dell’impegno da parte dei docenti.

Le classi del XXI secolo sono numerose, multietniche, eterogenee, formate da studenti con differenti background socio-culturali e con difficoltà scolastiche di diverso genere che spaziano dall’alunno DSA, a quello iperattivo a quello con un severo ritardo mentale. Non dimentichiamoci poi dei gravi problemi che la scuola di oggi vive: bullismo, pregiudizi razziali, dispersione scolastica (su circa 590mila ragazzi delle scuole superiori di secondo grado 1 su 4 non arriva al diploma).

La scuola italiana, purtroppo, perde le sfide sia a livello di eccellenza sia a livello di benessere educativo. Per poter gestire queste classi non possiamo non considerare il contesto nel quale i bambini e ragazzi di oggi vivono e che influenza pesantemente i loro atteggiamenti e i loro modi di essere. Di certo gli studenti di oggi sperimentano una profonda crisi sociale: il loro presente è critico e il loro futuro è incerto. Mentre gli studenti delle classi del passato vedevano il loro futuro carico di speranze e positività, gli studenti di oggi lo vivono quasi come una minaccia. Non c’è più la sicurezza di un lavoro stabile e ben remunerato, non c’è più la certezza di relazioni personali solide e durature, non c’è più la voglia e il desiderio di costruirsi una famiglia. Direi un bel cambio di rotta rispetto ai tempi passati!

Gli studenti di oggi respirano pesantemente questo clima di incertezza, precarietà, instabilità, e la grave pandemia che ha colpito tutto il mondo non sta facendo altro che aggravare una situazione già molto difficile. Anche i bambini più piccoli risentono di questo clima e apprendono dai genitori, così come da radio o telegiornali, che viviamo in un tempo duro, minacciato ora anche dall’imponente crisi sanitaria che è allo stesso tempo crisi economica, sociale, relazionale.

I ragazzi di oggi sono spaventati e in ansia perché non riescono più a proiettarsi in un futuro felice e soddisfacente: cosa ne sarà di loro? Come possono stare in classe tranquilli, essere sereni e motivati se il futuro pare essere un mostro nero che li minaccia all’orizzonte?

Ecco che in questo contesto trova risposta il loro disinteresse nei confronti della scuola, la rabbia verso un domani così incerto e la frustrazione per le esperienze del presente che sembrano perdere di significato perché non proiettate in un futuro solido e felice. Per questo sarebbe meglio parlare di conduzione della classe e non più di gestione: noi docenti dobbiamo trasformarci in conduttori e guidare le nostre classi, con coraggio e fiducia, attraverso un percorso di crescita personale che porti ogni singolo alunno ad acquisire ancora speranza per il domani, perché le cose possono cambiare. Noi per primi, con i nostri studenti, dobbiamo essere i fautori di questo cambiamento. C’è sempre un obiettivo per cui vale la pena mettersi in gioco e lottare: ecco il messaggio da trasmettere! Noi docenti, e tutte le professionalità che operano nella scuola, possiamo fare molto. La scuola è il mezzo, è la via privilegiata per raggiungere il traguardo della crescita personale di ogni studente.

Studenti: tutti diversi, ma in fondo tutti uguali

Tenendo ben saldo nella mente quanto appena detto, la conduzione efficace del gruppo classe è di certo una tematica molto calda, considerando anche il particolare contesto storico nel quale docenti e studenti si trovano a lavorare. La DaD ha ribaltato le classiche regole del processo di apprendimento. Il cammino è in salita: se è vero che la conduzione di un gruppo è un compito difficile in presenza, lo è certamente di più a distanza. Ciò nonostante, anche e soprattutto in situazioni di DaD, dobbiamo sempre e comunque ricordarci di operare con un gruppo che necessita di essere condotto in modo competente ed efficace. Il docente è il capitano di una nave: deve fornire al suo equipaggio (gli studenti) informazioni chiare e precise per evitare di perdere la rotta. Per far ciò deve conoscere profondamente i bisogni dei suoi allievi.

L’insegnamento è profondamente legato all’abilità di ogni docente di capire i problemi e rispondere in maniera pronta ai bisogni specifici, a volte speciali, dei ragazzi. Riconoscere le specificità di ogni alunno, costruire un clima di fiducia, comunicare arrivando al cuore e non solo alla mente, gettare dei ponti di empatia sono condizioni indispensabili per condurre con successo una classe, anche in situazioni di DAD.

Di quali bisogni stiamo parlando?

Nella classe possiamo incontrare alunni con problematiche personali: molti ragazzi entrano nelle aule carichi di esperienze familiari pesanti. Pensiamo, ad esempio, ai figli di coppie separate, ai bambini vittime di abuso, a coloro che vivono in condizioni di svantaggio socio-culturale. Il docente non può non tener conto di queste situazioni, perché si tratta di studenti che richiedono attenzioni continue.

Ci sono poi alunni con disturbi specifici d’apprendimento (DSA) rispetto ai quali occorre una grande intenzionalità educativa, nonché competenze specifiche. Per questi alunni occorre pianificare una didattica differenziata che garantisca loro un percorso scolastico soddisfacente.

Ancora alunni stranieri: la classe multiculturale è una condizione ormai diffusa nell’Italia di oggi. Gestire una classe così richiede grande apertura, consapevolezza, intenti condivisi affinché il pregiudizio non influenzi il nostro agire. Nelle classi incontriamo poi alunni con disabilità (Legge 104/1992): occorre considerare con grande attenzione i bisogni di questi alunni e gettare le basi per una vera accoglienza e integrazione.

Ci sono infine i cosiddetti alunni “male-educati” che mettono a dura prova anche gli insegnanti più preparati e competenti. Si tratta di studenti oppositivi, provocatori, restii alle regole, incapaci di mostrare un atteggiamento accettabile in classe.

Occorre studiare a fondo i loro comportamenti perché dietro maleducazione, opposizione e rabbia c’è sempre una ferita che sanguina. Sono studenti, che incontriamo più frequentemente nelle scuole superiori, che si sentono non ascoltati, non capiti, non voluti, non valorizzati e che vivono profonde esperienze di ansia, dolore, paura, gelosia, abbandono. Non sono in grado di comunicare in modo funzionale il loro stare male se non attraverso il manifestarsi di comportamenti non adatti al contesto scuola. Pensiamo a quanto detto prima rispetto al presente effimero e al futuro incerto: è normale che questi comportamenti-problema si manifestini in primis in classe. È proprio la classe, intesa come micro famiglia caratterizzata da relazioni importanti con pari e docenti, il luogo in cui si sentono autorizzati ad “urlare” il lor stare male nella speranza che qualcuno li possa aiutare.

Ogni classe è quindi un piccolo mondo a sé stante, formato da studenti molto diversi tra loro, ognuno con bisogni speciali, ma accomunati da un unico grande bisogno: trovare insegnanti che sappiano diventare un punto di riferimento per affrontare le sfide del presente e per gettare i semi del cammino futuro. Insegnanti autorevoli, competenti, appassionati che sappiano trasmettere loro fiducia ed empatia.

Un bravo insegnante parla meno e ascolta di più: questo non significa non insegnare, non trasmettere contenuti: significa farlo partendo però dall’ascolto dei bisogni, dei desideri e anche delle paure di questa nuova generazione che solo all’apparenza pare sicura e spavalda. In realtà si tratta di una generazione spaventata, insicura, titubante, persa alla ricerca della propria identità: i ragazzi di oggi vogliono essere autonomi e indipendenti, rifiutano le regole, si contrappongono al mondo adulto costituito da genitori e insegnanti, ma in realtà hanno un estremo bisogno di essere rassicurati, confortati, aiutati.

La gestione della classe: la motivazione

Molti docenti pensano che saper condurre efficacemente una classe significhi semplicemente saper mantenere ordine, silenzio e disciplina: nulla di più sbagliato!

Un insegnante capace nel mantenere l’ordine nella propria classe non è detto che sia poi anche in grado di svolgere bene il proprio mestiere. Limitarsi a pretendere dai propri studenti silenzio e disciplina, senza un loro attivo e reale coinvolgimento nel processo d’apprendimento, rischia di rendere molto sterili ed effimeri i contenuti educativi trasmessi. I ragazzi, anche i più piccoli della scuola primaria, non hanno bisogno di un docente che ogni mattina entri in classe col fucile spianato e zittisca ogni loro parola perché unicamente preoccupato di far rispettare le regole. Il clima di terrore che certi insegnanti creano conduce certamente al rispetto di ordine e silenzio, ma solamente perché legato ad uno schema ricattatorio del tipo “se non c’è silenzio, perderete il momento di gioco dopo il pranzo oppure vi raddoppierò il compito per casa”.

I ragazzi non sono stimolati e invogliati a partecipare alle lezioni in modo attivo, ad esprimere il loro punto di vista e a confrontarsi con i compagni. Tacciono, e apparentemente seguono la lezione, non perché realmente interessati e motivati, ma solo per evitare un castigo. Gli studenti hanno bisogno di vivere all’interno di un gruppo classe dove non solo si respiri un clima di fiducia e stima, ma dove possano esprimere liberamente le loro opinioni e far emergere le loro personalità nel rispetto altrui.

Condurre la classe in maniera competente e consapevole significa interrogarsi sulle dinamiche motivazionali. Ciò che promuove e sostiene l’apprendimento significativo è la motivazione intrinseca: si compie un’attività perché è gratificante per sé stessa. Un comportamento è motivato intrinsecamente quando avviene in virtù di sé stesso; detto in altri termini, quando un individuo agisce sulla base di un proprio impulso. In quest’ottica un alunno si comporta bene, rispettando le regole del vivere comune, non per timore del docente e delle conseguenze che ne possono derivare, ma perché riconosce l’utilità del suo agire e riconosce soprattutto il valore dell’apprendimento. Al contrario, la motivazione estrinseca (esteriore, non essenziale), è sterile, perché non ha origine da un vero interesse da parte dello studente. Non sono pochi i casi di studenti che ottengono ottimi voti senza però essere particolarmente interessati agli argomenti proposti. Sono allievi che si comportano bene in classe e a casa fanno il loro dovere (studiano e svolgono con regolarità i compiti) non perché realmente coinvolti nel processo d’apprendimento, ma per abitudine e per evitare le conseguenze negative di un risultato inadeguato.

Come fare per poter incrementare i livelli di motivazione intrinseca? I ragazzi hanno bisogno di capire i motivi che sottendono a determinate scelte e proposte didattiche e le relative finalità. Perché mai dovrebbero impegnarsi in un’attività o in compito se non riescono a percepire il senso e l’utilità dello stesso? Anziché, quindi, proporre una lezione di matematica sui problemi e sulla loro risoluzione, spieghiamo prima perché desideriamo proporre loro questa attività. Perdiamo del tempo (anche se sarebbe più corretto dire guadagniamo del tempo!) per spiegare che la parola “problema” è un termine generico per definire una situazione complicata che richiede risorse e strategie da mettere in campo e che nella loro vita futura incontreranno molti problemi da affrontare. Risolvere un problema di matematica scoprendo l’operazione corretta significa riflettere, analizzare un fatto complesso e poi agire per trovare una soluzione. Un problema di matematica ci aiuta ad avere la mente aperta, ad interrogarci e a non fermarci davanti agli ostacoli.

Stesso discorso potremmo fare per un insegnante di italiano che si approccia ad introdurre come nuovo argomento la comprensione di un testo scritto. Perché mai uno studente dovrebbe trovare accattivante questa attività? Non avete idea di quante volte i miei studenti mi abbiano rivolto questa domanda: perché lo devo fare? Da lì, sempre più spesso, ho iniziato ad interrogarmi e ho capito quanto avessero ragione. Allora ho cominciato a ragionare insieme a loro: perché, secondo voi, desidero proporvi questo esercizio? Ascoltare le loro risposte, annotandole per non dimenticarle, è stata per tutti un’esperienza di grande coinvolgimento. Al termine della discussione abbiamo capito che comprendere un testo sul libro di lettura significa, più in generale, capire ciò che le persone attorno a noi vogliono comunicarci. Abbiamo riflettuto sulla differenza tra informazioni esplicite e implicite: nella vita quotidiana non sempre le informazioni importanti che dobbiamo processare sono subito palesi. Molte volte le persone, quando parlano, lasciano intendere molti messaggi impliciti che noi dobbiamo capire.

Cosa non è la conduzione della classe

Per riassumere i concetti chiavi, ecco cosa non è la conduzione di una classe:

  • pretendere sempre ordine, silenzio e disciplina;
  • mettere a tacere lo spirito di iniziativa;
  • rimproverare lo studente che si distrae;
  • criticare davanti a tutti l’allievo maleducato;
  • minacciare la convocazione della famiglia;
  • minacciare lo studente con conseguenze negative.

Alcuni aspetti fondamentali della conduzione della classe

Condurre la classe significa riconoscere e affrontare la sua complessità e le sue dinamiche interne. La capacità ermeneutica di un docente è fondamentale per capire i segnali che gli studenti mandano, per accogliere i loro bisogni e per valutare nel modo corretto i loro comportamenti. Il termine “ermeneutica” deriva dal greco, e applicato al contesto scolastico fa riferimento all’abilità dell’insegnante di interpretare in modo corretto i comportamenti degli studenti, siano essi più o meno espliciti. Un docente ermeneutico scende dalla cattedra, si mette nei panni dello studente e cerca di motivarlo, spronarlo e interpreta i suoi atteggiamenti senza farsi influenzare da pregiudizi. Quali sono gli aspetti fondamentali per una efficace conduzione del gruppo classe?

L’ambiente

La conduzione della classe passa innanzitutto attraverso l’organizzazione dell’ambiente, del contesto nel quale insegnanti e alunni si trovano ad operare. La disposizione dei banchi è il primo passo per gestire in modo competente un gruppo: preferiamo, ove possibile, la disposizione a ferro di cavallo in modo che tutti gli studenti si possano vedere in faccia e possano nello stesso tempo vedere il docente e la lavagna.Per non sottrarci alle nuove disposizioni ministeriali in tema di contenimento dei contagi, possiamo comunque adottare una disposizione dei banchi di questo tipo mantenendo la distanza minima di un metro. Molte scuole, per recuperare più spazio, hanno deciso di togliere dalle aule tutti gli arredi non necessari (banchi in più, armadi, doppie cattedre...).

Studio di un caso... l’ambiente
L’insegnante, per introdurre un nuovo argomento, ha preparato l’aula spostando tutti i banchi da una parte e sistemando le sedie ad anfiteatro mantenendo tra esse la distanza minima di un metro.
Al centro della LIM il titolo dell’attività che desidera proporre.
Gli studenti entrano incuriositi perché non sanno cosa sta per accadere e di cosa si parlerà. In loro c’è entusiasmo e sono pronti ad ascoltare l’insegnante che parla.
Tutto è stato progettato per catturare la loro attenzione.

La motivazione

Come detto prima, non esiste una conduzione efficace della classe senza motivazione. Gestire significa saper motivare. In quest’ottica il docente deve palesare l’utilità dell’attività proposta e far leva sulla fiducia nelle proprie possibilità di riuscita.

Uno studente sarà tanto più motivato in un compito proposto quanto più ne capirà il senso pratico (quindi meno astrazione e più concretezza) e saprà di riuscire a raggiungere l’obiettivo prefissato dall’insegnante. Gli allievi si impegnano e studiano se hanno aspettative positive; hanno bisogno di veder premiati i loro sforzi. Quando l’attività viene percepita come superiore alle proprie capacità, uno studente, anziché fallire mostrando un’immagine di sé negativa, preferisce abbandonare senza provare.

Attenzione, quindi, alle attività da proporre in classe che devono essere sempre ben calibrate tenendo conto delle specificità di ognuno. Molto utile, in questo senso, la suddivisione della classe in gruppetti, coppie ancor meglio, tutte impegnate in attività diverse. L’obiettivo sarà lo stesso (ad esempio la risoluzione di un problema), ma il testo del problema e il livello di difficoltà differenti. In classe disponiamo le coppie alla distanza minima di un metro, facciamo indossare a tutti correttamente le mascherine e continuiamo a proporre i lavori di gruppo perché più coinvolgenti e stimolanti per i ragazzi.

La partecipazione attiva dello studente

Per condurre in modo competente una classe, il docente deve mettersi in gioco, deve parlare di sé, deve far capire allo studente quanto tenga a lui. L’alunno ha bisogno di sperimentare una relazione vera e positiva con il suo insegnante perché ogni forma di apprendimento passa attraverso una relazione.

Occorre attivare strategie didattiche che sostengano la partecipazione attiva e il coinvolgimento di tutti. Nell’esempio citato prima, quando con la mia classe ho aperto il dibattito relativo all’utilità della comprensione di un testo, tutti sono stati coinvolti, tutti si sono sentiti autorizzati ad esprimere il proprio parere. Nessuno si è sentito escluso. Durante quella particolare attività tutti sono stati coinvolti e si sono sentiti parte di un gruppo; hanno sperimentato un senso di appartenenza al gruppo classe che è la base per costruire relazioni solide e positive. Utilizzate la prima manciata di minuti della lezione per parlare con i vostri studenti, chiedete loro come stanno, ascoltate le loro risposte e parlate anche di voi. Servirà per creare un clima di classe condiviso in cui tutti si sentono ascoltati ed apprezzati.

Per una conduzione sempre più efficace

Per condurre con successo una classe occorre anche essere consapevoli che ci troviamo di fronte a studenti che non hanno scelto di stare insieme, ma che per molte ore della giornata si ritrovano ad interagire tra loro e con insegnanti che spesso arrivano ad anno già iniziato, o peggio ancora, se ne vanno ad anno non ancora ultimato. Ancora, dopo le conseguenze della pandemia, si ritrovano a dover gestire un brusco e improvviso cambio di rotta perché le interazioni avvengono attraverso il monitor di un pc o di un tablet. Non solo gli studenti devono essere pronti a questi repentini cambiamenti, ma anche e soprattutto i docenti devono considerare alcuni importanti aspetti per una conduzione sempre più efficace della classe.

Abbiamo già parlato dell’importanza di predisporre in modo accurato e consapevole l’ambiente fisico perché ciò aiuta, e non poco, a promuovere una corretta conduzione delle classi. Non è la stessa cosa vivere in un’aula piccola e spoglia, non personalizzata o al contrario in un’aula più grande, luminosa e ben curata.

Prestare attenzione ai dettagli rende gli studenti ben disposti ad entrare al mattino in un luogo dove trascorreranno gran parte della loro giornata. Appendere alle pareti cartelloni, mappe visive, cartine fisiche e politiche, disegni degli studenti serve per creare un clima di appartenenza e familiarità perché in fondo la classe è per gli alunni come una seconda camera. In casa le pareti delle loro camerette sono personalizzate con poster dei divi preferiti, degli eroi dei film, disegni di amici, fotografie dei familiari, a scuola occorre fare lo stesso con materiale che sia finalizzato non solo all’apprendimento, ma al sentirsi attivo e realmente partecipe all’interno di questo processo. In questo senso lo studente deve essere attivo costruttore delle proprie conoscenze, partendo dalle fondamenta.

Altro aspetto da non trascurare è l’importanza di agire in modo pronto e repentino ad eventuali problematiche che possono sorgere durante una lezione. Quindi l’immediatezza, cioè la tempestività dell’azione del docente aiuta a prevenire o a bloccare situazioni-problema che spesso scaturiscono in aula tra compagni. Nel concreto, un insegnante non può proseguire con una spiegazione e far finta di non vedere che tra due suoi studenti è esplosa una tensione: un suo intervento tempestivo non solo permetterà di sedare gli animi in breve tempo, ma permetterà poi di proseguire con la lezione. L’educatore esperto sa bene che occorre fermare il momento critico tra due studenti, avvicinandosi prontamente ed invitando, con la propria presenza fisica ed emotiva, a cessare il diverbio. Infine, un docente capace sa bene che l’imprevedibilità fa parte del processo di insegnamento-apprendimento e per questo deve essere pronto a affrontare un imprevisto, di qualunque tipo esso sia. Inutile resistere o peggio ancora incaponirsi e proseguire con ciò che si stava facendo.

Il clima di classe positivo

Il clima di classe è determinato dal tipo di atmosfera che gli alunni sperimentano in aula. Per essere positivo, esso deve avere determinate caratteristiche:

  • atmosfera serena ed accogliente: il docente saluta e sorride, l’alunno respira un’aria di tranquillità e non si sente giudicato a priori. Non sperimenta livelli di ansia troppo elevati che possono incidere in maniera negativa sulle sue prestazioni;
  • atmosfera comprensiva: il docente accoglie l’errore come parte integrante del processo di apprendimento, promuove il diritto a sbagliare. L’alunno sa che può sbagliare senza per questo essere etichettato. Molti alunni hanno paura dell’errore e abbandonano certe attività senza nemmeno provarci perché le percepiscono troppo difficili e temono di deludere le aspettative dei docenti;
  • atmosfera partecipata: il docente promuove lo scambio comunicativo tra i suoi studenti, la collaborazione, la cooperazione per il raggiungimento di certi obiettivi. L’alunno sperimenta con i compagni un gioco di squadra: la spinta relazionale e di reciproco aiuto è più forte di quella individualistica e di pura competitività;
  • atmosfera di supporto: il docente aiuta tutti i suoi studenti fornendo loro il supporto di cui hanno bisogno e riesce a farlo perché conosce a fondo i bisogni dei membri del suo gruppo classe. L’alunno sa che può contare su un aiuto competente e repentino da parte dell’insegnante qualora ne avesse bisogno.

Certo non è semplice costruire un clima di classe positivo, poiché le variabili da considerare sono tante e soprattutto perché le esigenze e i bisogni degli alunni si modificano col tempo così come le dinamiche di classe.

Un ottimo punto di partenza per un ambiente di classe produttivo e un clima positivo è la vera attenzione e il rispetto da parte del docente nei confronti degli alunni: tanto più loro si sentiranno ascoltati e stimati tanto più saranno inclini ad accettare l’autorità del loro insegnante e a lavorare insieme a lui e ai compagni.

Come creare un clima di classe positivo?

Quali azioni deve mettere in atto un docente? Cosa cambiare nelle classi di oggi per creare gradualmente un clima di classe sereno, positivo e produttivo? Ecco alcune mosse:

  • andiamo noi docenti verso di loro, non pretendiamo il contrario;
  • chiamiamoli per nome, non sono un numero sul registro;
  • sono persone ancor prima di essere studenti, non dimentichiamolo;
  • ascoltiamoli di più per capire i loro bisogni e le loro priorità;
  • usiamo parole rassicuranti che oltrepassano i ruoli;
  • guardiamoli negli occhi per trasmettere stima e fiducia, anche e soprattutto quando “cadono”;
  • parliamo anche di noi, perché le storie personali trasmettono sempre valori educativi e ci avvicinano agli altri.

In poche parole, se riusciremo a creare dei ponti di empatia con i nostri alunni, riusciremo a creare di fatto un clima di classe positivo. Essere empatici, nel contesto scolastico, significa tenere davvero ai propri alunni, non fare finta. I nostri studenti devono sapere che non siamo entrati in aula solo per impartire loro una lezione di italiano, ma perché ci teniamo davvero a loro, alla loro crescita personale e faremo di tutto per raggiungerli là dove sono.

Hanno bisogno di sapere che siamo pronti ad ascoltarli anche per parlare di cose che non rigurdano solo il mondo della scuola (perché prima di essere studenti sono persone con un vissuto personale). Devono sapere che da noi docenti potranno ricevere aiuto, supporto, consiglio e che non cambieremo idea su di loro per gli errori che faranno o per i comportamenti, forse sbagliati, che adotteranno in certe situazioni.

Il docente delle classi di oggi non è autoritario o al contrario permissivo, è un docente empatico che tiene davvero ai bambini e ai ragazzi che ha di fronte. È un professionista competente che desidera costruire una relazione significativa con la propria classe.

Clima di classe negativo

Non sempre purtroppo nelle classi regna un clima positivo. La presenza di un clima negativo porta i ragazzi e gli stessi insegnanti non solo a sperimentare emozioni spiacevoli, ma anche ad adottare comportamenti disfunzionali. Quali gli effetti tangibili di un clima negativo sugli studenti?

  • provano noia e disinteresse, e ciò ha conseguenze dirette sulla loro motivazione ad apprendere;
  • non si sentono attivi costruttori del loro percorso d’apprendimento e quindi tendono a non assumersi alcuna responsabilità;
  • non partecipano alle lezioni o lo fanno col freno a mano tirato. Rispondono solo se direttamente interrogati e i loro interventi spontanei sono ridotti al minimo;
  • possono, in alcuni casi, manifestare comportamenti-problema che scaturiscono dalla loro generale insoddisfazione. Possono svelare lati del carattere arroganti, oppositivi e a volte anche insolenti.

Un clima di classe negativo ha effetti sia a breve sia a lungo termine, e può generare nei ragazzi la tendenza ad attirare l’attenzione in modo scorretto. Preveniamo queste situazioni ponendo le basi per un clima collaborativo, di reciproca stima e fiducia, partendo, come sottolineato prima, dalle parole che fanno bene e dalla profonda e radicata volontà di aiutare i nostri ragazzi nella costruzione del loro percorso di crescita personale.

Le parole che fanno bene

Viviamo senza ombra di dubbio nella società della parola. Si parla tanto, forse troppo, e si ascolta sempre meno.

Spesso, senza nemmeno accorgersene, i genitori usano con i ragazzi lo stesso bagaglio di parole che ormai fa parte della routine quotidiana. Si va dal classico “Hai fatto i compiti?”, “Cosa hai mangiato oggi a scuola?” al monito più severo “Riordina la tua camera!”. Se nel contesto familiare raramente si assiste ad un cambio di rotta, non va di certo meglio nel contesto scolastico, dove gli insegnanti saltellano tra un “Perché non hai fatto i compiti?” a “Riordina il tuo banco” fino all’ormai tristemente noto “Ricordati di igienizzare le mani”.

Sembra assurdo, ma è così. I ragazzi di oggi, ma certamente anche quelli di ieri – solo che vi era meno consapevolezza – hanno bisogno anche di altre parole, di altri messaggi, perché quelli che li bombardano ogni giorno sono spesso sterili e superficiali, come le pubblicità dei loro smartphone. Hanno bisogno di parole che oltrepassino la superficie e arrivino dritto al cuore, parole che li facciano sentire stimati, valorizzati, capiti, parole che li facciano sentire vivi e importanti per i loro punti di riferimento, ossia genitori e insegnanti.

Entriamo in classe al mattino sorridendo, salutando i nostri studenti e rivolgendo loro una semplicissima domanda “Come state?”. Dimentichiamoci per un attimo del suono della campanella che segna l’inizio della lezione, del ragazzo che si è dimenticato a casa il libro o di quello che si nasconde dietro la testa del compagno per non essere interrogato. Siamo noi e loro.

Ci saranno docenti che si stupiranno per la banalità di questa domanda: bene, a costoro rispondo dicendo che non sanno quanto sia importante. Significa trasmettere ai ragazzi questo messaggio: “Sono il tuo insegnante, è vero, e tu sei il mio alunno, ma prima di tutto siamo persone e mi interesso di te, ci tengo a te”.

A tutti coloro invece che già hanno adottato questo modus operandi faccio i miei complimenti e li invito a proseguire senza mollare. Siete sulla strada giusta!

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