Parlare di gestione dei conflitti e dei gruppi di lavoro in un ambiente complesso come la scuola, che pur agendo in autonomia è inserita nel grande contesto della Pubblica Amministrazione, è cosa complessa e piena di tante sfaccettature.

Lo faremo con la consapevolezza di non poter essere essere esaustivi, partendo da alcune cognizioni necessarie riguardanti la gestione del personale, in relazione in particolare all’azione, alle competenze e alle responsabilità del Dirigente scolastico e del DSGA.

Se pensiamo a quanto determinante possa essere, per la riuscita di una impresa qualunque essa sia, far lavorare bene le persone inserendole in contesti adeguati, supportandole e valorizzandole, dobbiamo avere la consapevolezza che questa importantissima responsabilità non possa essere affidata solo al buon senso o al particolare fiuto posseduto da alcuni.

Cosa prevede la normativa

L’art. 25 del D.Lgs. 165/2001 riconosce esplicitamente al Dirigente scolastico il potere di gestione, coordinamento e valorizzazione connessi con la «gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio», sia pure nel rispetto delle competenze degli organi collegiali.

Per ciò che riguarda il personale ATA spetta al Direttore SGA, per la sfera di autonomia riconosciutagli dalla legge, esercitare la gestione di coordinamento nell’organizzazione del lavoro di questo personale, sia pure sulla base di direttive emanate dal Dirigente scolastico.

Programma di inserimento

La componente più significativa di una gestione del personale efficace consiste sicuramente nell’avere a disposizione le persone giuste: che sappiano fare il proprio lavoro, che sappiano apprezzare il contributo degli altri e lavorare insieme per raggiungere obiettivi più ampi.

Tuttavia la selezione e il reclutamento del personale della scuola sono completamente diversi da quelli delle organizzazioni private. Non si può scegliere il personale, ma si può fare qualcosa per trattenere le persone valide che sono già nelle nostre scuole, facendo in modo che siano gratificate e con l’esempio di un clima lavorativo ottimale acquisire, attraverso i normali canali, persone adeguate con la “voglia di fare”.

Un’attività che si può realizzare in modo efficace riguarda l’accoglienza e l’orientamento che possiamo fornire al nuovo personale con un efficace programma d’inserimento: la presentazione dell’organizzazione e del ruolo, la conoscenza delle persone più significative e più contigue, le eventuali azioni informative e formative affidando anche il nuovo personale a figure tutoriali.

Questo programma va messo a punto preventivamente e deve far parte della struttura organizzativa della scuola, investendo come risorse il personale più efficace che abbiamo già a disposizione e qualche forma di incentivo finanziario. Da considerare anche l’efficacia che può avere il fatto che sia lo stesso Direttore SGA a entrare nel programma per il personale ATA ed essere il maggiore fautore della formazione-informazione da impartire al personale sottordinato.

Nella quotidianità, poi, chi gestisce il personale deve sempre cercare di comprendere le singolarità per capire quali sono gli incentivi e le “ricompense” più adeguati e le motivazioni personali di ciascuno. Così ad alcuni piace assumersi delle responsabilità e lavorare in autonomia, altri preferiscono avere indicazioni più precise; tutti, ad ogni modo, devono essere orientati verso il compito, sia pure ricorrendo a strumenti diversi poiché diverso è l’orientamento al lavoro di ciascuna singola persona.

Conoscere le risorse a disposizione

Per definire un ottimo piano delle attività del personale ATA, il DSGA avrà come compito essenziale quello di conoscere bene le risorse a disposizione, il loro grado di preparazione, le diverse abitudini, le modalità di gestione delle relazioni con l’utenza e anche la diversa resistenza agli stress.

Per fare questo gestirà colloqui individuali e di gruppo con le varie risorse e potrà utilizzare anche questionari calibrati alle specifiche esigenze da proporre agli interessati.

La sfida più importante è inserire le persone giuste nei vari gruppi di lavoro necessari a comporre la squadra vincente per ogni Scuola.

Cos’è il gruppo di lavoro

Il gruppo di lavoro è uno spazio dove alcune persone interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente e percependosi come unità. Il gruppo di lavoro è costituito, per sua natura, da una “pluralità in integrazione”, dalla consapevolezza da parte dei membri di essere in relazione di reciprocità e dalla valorizzazione delle differenze.

Dunque, la caratteristica essenziale del gruppo di lavoro risiede nelle relazioni funzionali al raggiungimento di un unico obiettivo, comune a tutti. Perché il gruppo di lavoro sia efficace è necessario avere:

Pertanto in un gruppo di lavoro l’interazione è fondata sulla possibilità che i membri si danno di conseguire obiettivi comuni, di attraversare le difficoltà che sì presentano facendo leva sulle competenze diversificate messe a disposizione da ciascuno e infine, di orientare il lavoro verso un compito condiviso.

Il processo appena descritto si declina a fronte di due funzioni fondamentali: quella di produzione e quella di facilitazione. La prima è volta alla realizzazione di azioni come la definizione dell’obiettivo, lo studio dei problemi, la pianificazione e l’organizzazione di attività, lo scambio fluido di informazioni più orientate su un versante operativo. La seconda funzione si riferisce ad aspetti più intimi del gruppo, volti a garantire un funzionamento efficace dello stesso, attraverso la mediazione, la negoziazione, il confronto tra le diversità, l’integrazione, lo sviluppo di aspetti normativi, la gestione del conflitto.

Il mondo della scuola è sollecitato continuamente da situazioni ed eventi complessi che richiedono, da un lato, il mantenimento di un clima di fiducia e di condivisione delle scelte organizzative e didattiche, e dall’altro, la disponibilità a porre in essere strategie finalizzate al superamento dei conflitti per prendere decisioni organizzative valide per tutti.

La gestione dei conflitti

Spesso nelle Istituzioni scolastiche si presentano situazioni complesse e particolarmente difficili da affrontare, sia nell’individuazione dei fenomeni che hanno generato il conflitto, sia nella determinazione delle strategie da porre in essere per la soluzione del conflitto stesso.

Il conflitto tuttavia non va visto unicamente come evento negativo perché può aumentare, accendere, stimolare, far dubitare, disturbare, spingere a cambiare, invitare a strade nuove e mai percorse prima. Il consenso infatti appiattisce, smorza, conferma, riproduce, verifica, ripete, rassicura, tranquillizza. L’accordo su tutto e a qualunque costo, la ricerca del compromesso ad oltranza spengono la vitalità di un sistema.

I conflitti sono inevitabili: per questo bisogna saperli riconoscere, imparare a gestirli e mediarli in chiave positiva.

È importante vederli come un’espressione di diversità di opinioni, un momento di crescita, sia nostro che del gruppo, e come una possibilità di migliorare le relazioni piuttosto che come problema negativo.

Una delle regole peculiari è ricordarsi che da un conflitto risolto non devono uscire né vinti né vincitori, ma persone soddisfatte di aver trovato un punto di incontro.

La gestione dei conflitti perciò sviluppa la capacità di controllare e presidiare situazioni che scaturiscono da contrasti esplosi nei gruppi, ma soprattutto a causa delle tensioni interpersonali che pervadono la vita dei gruppi. E rappresenta, pertanto, un momento decisivo nella gestione del personale e nella validazione di strategie continue tese a promuovere l’apprendimento organizzativo degli operatori scolastici. Tra l’altro, la genesi di un conflitto muove spesso da questioni culturali, punti di vista diversificati nella gestione della macchina organizzativa e nel caso della scuola, anche da come vengono percepiti e vissuti i rapporti professionali.

Le tipologie dei conflitti a scuola

I conflitti interpersonali e il cambiamento

Nascono nel rapporto intimo che una persona ha con sé stessa e riguardano i sentimenti e motivazioni personali, valori e scelte individuali.

I conflitti relazionali e la resistenza al cambiamento

Nascono tra due o più persone. Possono nascere per rivalità, invidia, gelosia, rancore verso colleghi o altre persone.

I conflitti organizzativi per difendersi dal cambiamento

Possono nascere tra diversi uffici, tra servizi e funzioni differenti, tra un’organizzazione e l’altra, e sono spesso i più forti.

 

La scuola è una istituzione aperta e flessibile, per cui è possibile che i tre livelli suddetti si manifestino quando si genera una interazione conflittuale nel mondo delle aspettative del personale scolastico (conflitto intra-personale), quando si crea uno scontro tra collaboratori scolastici, oppure tra Dirigente e DSGA o tra docente e genitori oppure quando si attiva, per esempio, uno scontro tra diverse Istituzioni scolastiche o tra Istituzioni scolastiche ed Enti locali, oppure tra Istituzione scolastica e Organizzazioni sindacali (conflitto inter-organizzativo).

Cosa devono fare DS e DSGA

In questo caso i Dirigenti e i DSGA sono chiamati a dirimere le conflittualità e a porre in essere quelle strategie di negoziazione finalizzate alla soluzione dei problemi e al miglioramento della qualità dell’offerta formativa.

Tutti i conflitti hanno delle cause che possono essere associate a svariati fattori individuali o situazionali. Queste le più frequenti:

Il Dirigente scolastico, dovendo gestire unitariamente l’istituzione, deve evitare scollamenti organizzativi, progettuali e relazionali che potrebbero eventualmente verificarsi nella gestione delle risorse, soprattutto di quelle umane.

Il DSGA, su direttive del Dirigente scolastico che esplicitano gli obiettivi da raggiungere per l’adeguato supporto al PTOF, motiverà il personale posto alle sue dirette dipendenze e quindi esprimerà i poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane nei confronti del personale ATA.

Spetta al Dirigente e DSGA operare nella direzione giusta, sia per quanto attiene la riduzione della conflittualità che per quanto riguarda il coordinamento delle attività organizzative, promuovendo:

Dirigente scolastico e DSGA favoriscono anche la capacità di ascolto e di mediazione tra le parti, ponendo in essere un coordinamento efficace sia dal punto di vista della designazione del ruolo dell’operatore che dei compiti e delle funzioni assegnate. Tuttavia, è importante coinvolgere gli operatori nelle decisioni al fine di evitare comportamenti incerti e ambigui.

Un leader espressivo continua ad apprendere, in quanto l’essere in apprendimento organizzativo, da un lato, favorisce emotivamente il coinvolgimento degli altri operatori, e dall’altro stimola il miglioramento dei livelli percettivi e partecipativi.

In questa gestione Dirigente scolastico e DSGA avranno il ruolo di negoziatori di conflittualità.

La negoziazione

La negoziazione è un dispositivo che si inserisce costantemente nei processi organizzativi e nei fenomeni che li accompagnano come i conflitti, e deve essere previsto come possibilità gestionale per prevenirne l’insorgere (e non solo per risolverli).

L’apprendimento di capacità negoziali, dunque, si pone come un tipo di conoscenza a cui non può rinunciare soprattutto chi ha ruoli manageriali e di leadership e ha tra le sue funzioni proprio quella di “gestire” tutti i possibili attacchi interni ed esterni al benessere lavorativo e al clima organizzativo raggiunti.

Chi deve risolvere, per mestiere, conflitti che persone e gruppi non riescono a risolvere da soli, ha bisogno di esprimere libertà di azione sostenuta da capacità e competenze.

Alla base dei conflitti ci sono le relazioni e comunicazioni tra persone. Pertanto, alcune semplici regole risultano d’aiuto per preservare le relazioni con gli altri, evitando inutili malintesi:

I campi principali di questo apprendimento sono essenzialmente tre:

La conoscenza dell’ambiente implica conoscere lo spazio dentro il quale si muovono gli attori del conflitto, allo scopo di ridurre i margini di incertezza e di indeterminatezza dell’attività negoziale e di tracciare strategie per il futuro. Inoltre, poiché i comportamenti individuali e collettivi sono contemporaneamente le cause del conflitto ma anche la possibilità di soluzione dello stesso, saper negoziare implica la capacità di comunicare, ascoltando, argomentando, formulando e valutando proposte, decidendo, gestendo il potere e i rapporti di potere, formulando strategie, inventando soluzioni, assumendosi rischi. Queste capacità devono essere possedute, ma sono anche il frutto dell’apprendimento che si guadagna dalla gestione dei rapporti negoziali.

Imparare a negoziare corrisponde anche all’assunzione di una mentalità negoziale che richiede un certo stile nell’affrontare le situazioni, nell’impostare rapporti, nel pensare il futuro, uscendo dalla passività (lasciare che i conflitti si risolvano da soli) e dall’affidamento al caso o alla sorte (sopportare, tacere, aspettare che gli eventi accadano, che le cose si aggiustino da sole...).

Attuare delle strategie di mediazione del conflitto in una società dove gli scontri, i disguidi e le incomprensioni sono all’ordine del giorno, si rivela un’azione di basilare importanza. Si dà così valore a preservare i rapporti umani, senza negare le differenze, accettando i punti di vista degli altri.

In un processo di mediazione è importante che ci sia la presenza di un mediatore (il Dirigente, il DSGA) che dia avvio alla comunicazione, che siano presenti tutte le parti coinvolte nel conflitto e che ogni persona sia libera di decidere se voglia o meno essere partecipe a tale processo per potere, successivamente, arrivare alla soluzione del conflitto.

Azioni di mediazione

Le possibili azioni da mettere in campo in un’attività di mediazione sono le seguenti:

Punti di vista delle singole parti
  1. Vengono esposti i punti di vista di ogni contendente; viene promosso un ascolto attivo e, dove è necessario, un intervento di chiarimento da parte del mediatore.
  2. Vengono avanzate delle domande di comprensione.
  3. Successivamente la controparte risponde e infine il mediatore inizia a capire le affinità e le differenze delle diverse versioni.
Chiarimento del conflitto

Parlare di ciò che è rilevante per il conflitto in modo da non tralasciare nessuno tipo di aspetto; il mediatore aiuta le parti a chiarire il conflitto, cercando di spostare la comunicazione sempre più verso un contatto e confronto diretto tra le parti.

Mediazione -> Soluzione al problema

Si esplorano tutte le possibili alternative e si cerca di raccogliere e sviluppare le possibili soluzioni.

Accordo

Le parti in conflitto trovano un accordo.

Fase di attuazione

Verifica ed eventuale modifica dell’accordo.

 

Successivamente le parti si devono ritrovare per chiarire se:

In sintesi il conflitto non va mai evitato, ma deve essere gestito e trasformato in risorsa affinché possa diventare un momento costruttivo e di confronto tra persone che lavorano insieme.

Per una positiva relazione e mediazione tra persone:

Insomma, una buona negoziazione è quella che comporta un elevato grado di interazione e di scambio secondo la logica vincente/vincente, che è quella su cui si può saldamente reggere il consenso. Questo, infatti risolve il conflitto perché le persone attribuiscono un nuovo “comune senso” agli eventi e alle proprie posizioni personali.

Il consenso, infatti, soddisfa tutti perché tutti raggiungono i propri obiettivi, anche se non sono gli stessi. La conclusione consiste nella costruzione di un risultato comune, nel quale tutti si riconoscono poiché rappresenta una soluzione nuova rispetto a quella che ha portato al conflitto.

Leggi altri contenuti su:

© 2024 HomoFaber Edizioni Srl - Tutti i diritti riservati. Sono vietate la copia e la riproduzione senza autorizzazione scritta. Sono ammesse brevi citazioni ed estratti indicando espressamente la fonte (Sinergie di Scuola) e il link alla home page del sito.