Siamo ormai alla conclusione di un anno scolastico che – contrariamente agli auspici iniziali di un clima di fondo maggiormente sereno – ha portato ulteriori innumerevoli difficoltà da superare all’interno delle comunità educanti.

È tempo di bilanci, che trovano un importante contesto nelle operazioni di verifica finale degli apprendimenti, convergenti nella cosiddetta “valutazione sommativa” finalizzata all’accertamento del raggiungimento di determinati risultati a conclusione del percorso.

È del tutto superfluo sottolineare che da parecchio tempo questa fase – già di per sé soggetta a plurime “complessità” sul piano gestionale – è resa ancora più complicata per la presenza di eventi che si inquadrano nel più ampio contesto sociale.

Le conseguenze della pandemia prima, della guerra in Ucraina ora, hanno reso obbligatoria la presa di coscienza dell’ineluttabilità di un’evoluzione nella valutazione scolastica, facendo saltare alcuni parametri ritenuti fondamentali in favore di aspetti “trasversali” meno considerati in precedenza.

Tale esigenza, del resto, era già ampiamente emersa sul piano pedagogico in relazione ai principi che dovrebbero ispirare un’Istituzione scolastica, come l’inclusività che attribuisce valenza formativa alla valutazione stessa, identificandola come strumento di apprendimento e insegnamento.

In quest’ottica si è inquadrato, negli ultimi anni scolastici, il difficile inserimento nella valutazione finale di indicatori idonei a verificare gli esiti di una didattica a distanza, di una didattica digitale integrata, di una “didattica di emergenza”.

È piuttosto evidente che, nelle situazioni in cui si è chiamati a valutare gli esiti di percorsi scolastici che non possono essere ricondotti alla tradizionale frequenza scolastica, prevalgono senz’altro aspetti trasversali inerenti i processi individuali di apprendimento.

Si è imposta quindi con maggiore evidenza la necessità di una valutazione formativa più adatta, tuttavia, a descrivere lo sviluppo in itinere della competenza da parte dell’allievo piuttosto che a controllare e quantificare il rendimento scolastico.

Va detto per inciso che, nel corso dell’anno scolastico e soprattutto nelle circostanze particolari oggetto della nostra riflessione, le maggiori difficoltà di applicazione della valutazione formativa sorgono dal persistere di una didattica prevalentemente supportata da metodologie riconducibili alla lezione frontale, basata sulla trasmissione di contenuti e abilità confinate nei saperi disciplinari e soggette unicamente ad una verifica sommativa degli apprendimenti al termine dell’unità didattica.

Tuttavia, anche in una gestione dei percorsi di apprendimento che preveda feedback costanti (di fondamentale importanza nella valutazione in itinere, finalizzata al miglioramento dei suddetti processi), si giunge al momento in cui si debbono “tirare le somme” sul rendimento degli studenti.

In tal senso, tutti sono costretti a porsi la seguente domanda: come possiamo valutare un percorso scolastico che si è svolto in assenza di quelle condizioni che tradizionalmente hanno sempre rappresentato elementi basilari dello stesso?

Le suddette condizioni possono riferirsi sia alle modalità di svolgimento delle attività didattiche (per esempio a distanza), sia alle situazioni individuali degli alunni (recente immigrazione, discontinuità nella frequenza scolastica ecc.)

Gli obiettivi minimi di apprendimento

Cominciamo col dire che è necessario, in prima battuta, non perdere di vista quelli che vengono definiti “obiettivi minimi di apprendimento”.

La valutazione finale (o sommativa) consiste, infatti, nella “fotografia” di un preciso momento temporale, essendo chiamata a fornire

[...] una prova del raggiungimento dei traguardi previsti per quello step del percorso formativo. La valutazione sommativa cioè:
- osserva il raggiungimento degli obiettivi previsti ed è in grado, quindi, di verificarne ex post l’efficacia;
- agevola il trasferimento degli apprendimenti da un livello all’altro, ad esempio da un grado scolastico a quello successivo o dalla Scuola al mondo del lavoro.
Le prove sommative misurano il livello e la qualità della preparazione degli allievi e i risultati sono utilizzati per rilasciare voti, giudizi, certificazioni o attestati, decidere riguardo alla promozione all’anno successivo.
(da INVALSIopen, sito ufficiale dell’Area Prove dell’INVALSI)

In ogni caso (e in qualsiasi situazione) si pone, quindi, il problema di dover ricondurre la valutazione finale ad obiettivi minimi disciplinari, cioè ai quei saperi essenziali propri di ogni disciplina (dettagliati per conoscenze, abilità/capacità e competenze), cui corrisponde il raggiungimento della sufficienza ai fini della promozione alla classe successiva e, nelle annualità previste, anche al conseguimento di un titolo di studio.

Questi obiettivi devono essere riconducibili ai programmi ministeriali di ciascun ordinamento di studi.

In particolare, per la scuola primaria e secondaria di I grado gli obiettivi in questione vanno individuati tenendo conto dei “Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola dell’infanzia della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado”.

Detti traguardi – come recitano chiaramente le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione – «rappresentano dei riferimenti ineludibili per gli insegnanti» nonché «costituiscono criteri per la valutazione delle competenze attese e, nella loro scansione temporale, sono prescrittivi, impegnando così le Istituzioni scolastiche affinché ogni alunno possa conseguirli, a garanzia dell’unità del sistema nazionale e della qualità del servizio».

Infine, «le verifiche intermedie e le valutazioni periodiche e finali devono essere coerenti con gli obiettivi e i traguardi previsti dalle Indicazioni e declinati nel curricolo [...]».

Per la scuola secondaria di II grado esistono importanti documenti ministeriali di riferimento:

Ciò premesso, la prassi (che purtroppo non sempre viene compiutamente adottata in tutte le Istituzioni scolastiche) assegna ai docenti il compito di identificare, per ciascuna disciplina, i suddetti obiettivi minimi (condivisi) da conseguire al termine di ciascun anno scolastico.

Gli obiettivi individuati vanno poi esplicitati, in modo semplice e sintetico, nel documento con il quale il Collegio dei docenti ufficializza il curricolo d’Istituto.

Va ribadito che l’operazione in questione non è richiesta (come alcuni possono pensare) unicamente in presenza di alunni certificati ai sensi della Legge 104/1992 ma riguarda tutti gli alunni al termine di ciascun anno scolastico, comprendendo quindi anche gli studenti con disabilità che non si avvalgono di una programmazione differenziata, nonché gli studenti stranieri neoarrivati.

È quindi necessario, ai fini della promozione, il raggiungimento almeno dei suddetti obiettivi, anche considerando che è definitivamente decaduta la possibilità – individuata al termine dell’a.s. 2019/2020 – di ammissione alla classe successiva con insufficienze (anche gravi) e con la previsione di un recupero degli apprendimenti a settembre attraverso un’azione da dettagliare tramite il Piano di Apprendimento Individualizzato (PAI). Tale Piano (che era stato considerato parte integrante della scheda di valutazione) doveva indicare gli obiettivi di apprendimento non raggiunti, o parzialmente raggiunti, gli obiettivi di apprendimento disciplinare da conseguire e le strategie didattiche da attivare per mettere l’alunno in condizione di raggiungerli.

Azioni di recupero degli apprendimenti

Tuttavia, nonostante il ripristino della non ammissione in caso di gravi lacune e la “scomparsa” dei PAI, deve permanere l’impegno da parte delle Istituzioni scolastiche di attuare adeguate azioni di recupero degli apprendimenti (anche nell’ambito del Piano Scuola Estate), considerando che accade ancora di promuovere – su decisione del Consiglio di classe (o dell’équipe pedagogica nella scuola primaria) – anche alunni che presentano un rendimento insufficiente in una o più discipline (o aree disciplinari).

Nella scuola secondaria di II grado, di fatto, ciò accade con il ripristino della “sospensione del giudizio”. I Consigli di classe, infatti, oltre a decidere di non ammettere gli studenti alla classe successiva, possono sospendere il giudizio nei confronti degli allievi che presentino valutazioni inferiori a sei decimi in una o più discipline (compresa l’Educazione civica).

Il D.P.R. 122 del 22/06/2009 consente al Consiglio di classe di rimandare il giudizio in merito all’ammissione alla classe successiva, comunicando comunque alle famiglie le valutazioni relative a tutte le discipline e invitando alla frequenza di corsi di recupero programmati dalla scuola (che possono essere seguiti o meno, con assunzione di responsabilità da parte della famiglia stessa in merito alla scelta effettuata).

Comunque, al termine degli interventi didattici inerenti il debito formativo riportato dall’alunno, il Consiglio di classe deve verificare la situazione e formulare un giudizio finale di integrazione dello scrutinio che, se positivo, determina l’ammissione dell’alunno alla classe successiva e l’attribuzione del credito scolastico (per gli studenti del terzo e quarto anno).

La valutazione degli alunni ucraini

Tornando agli obiettivi minimi disciplinari descritti nel curricolo (e dando per scontato che in ciascun Istituto si sia provveduto a completare l’iter di definizione degli stessi), si sottolinea la necessità di verificarne l’acquisizione in aderenza ai protocolli emanati anch’essi dal Collegio docenti.

Questi protocolli, nel rispetto del principio della libertà d’insegnamento, circoscrivono le modalità e i criteri per tutelare l’omogeneità, l’equità e la trasparenza della valutazione e servono anche a supportare alcune situazioni particolari, come quelle inerenti la scolarizzazione degli alunni stranieri non italofoni.

In proposito, ci soffermiamo in particolare sulle attuali necessità di acquisizione, entro la fine dell’anno scolastico, di dati idonei al fine di una valutazione correttamente fondata del rendimento scolastico degli alunni ucraini di recente ingresso.

È necessario richiamare, in materia, l’art. 45, comma 4 del D.P.R. 394 del 31/08/1999, il quale stabilisce: «Il Collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento».

Sulla base di criteri definiti dal Collegio docenti, tale adattamento si concretizza per ciascun alunno nella definizione di un percorso individuale di apprendimento ovvero di un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che valorizzi le conoscenze pregresse e consenta di coinvolgere e motivare l’alunno.

Il PDP è finalizzato ad indirizzare il percorso di studio verso gli obiettivi comuni, considerando i nuclei essenziali dei contenuti e dei processi inerenti le singole discipline.

Possono essere individuate alcune priorità (come l’apprendimento della lingua italiana) e operate sospensioni temporanee di alcuni insegnamenti ed eventuali integrazioni del curricolo con altre discipline o contenuti già introdotti nel percorso scolastico del paese di origine.

Tornando alla valutazione finale, va detto che se nel primo quadrimestre è possibile sospendere la valutazione per alcune discipline, motivando tale decisione con il fatto che l’alunno/a si trova nella fase di alfabetizzazione in lingua italiana, qualora al termine dell’anno scolastico tale processo di alfabetizzazione non sia concluso (o sia appena iniziato) nella compilazione del documento di valutazione va espresso il rifermento a quanto contenuto nel Piano Didattico Personalizzato (PDP). Di conseguenza, l’ammissione alla classe successiva può essere disposta qualora l’alunno/a abbia conseguito gli obiettivi previsti dal PDP.

Questa procedura evidenzia il fatto che la durata dell’adozione del PDP è personale e può comprendere più annualità.

Il problema sorge, quindi, nelle situazioni in cui la frequenza scolastica sia avvenuta in classi terminali di un ciclo scolastico, con particolare riguardo alla scuola secondaria (di I e II grado). Dovrebbero, infatti, essere adottate specifiche misure per la valutazione degli apprendimenti e per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, in particolare dei profughi ucraini accolti nelle Istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione.

In questo frangente saranno fondamentali le indicazioni che – stanti le dichiarazioni presenti del Decreto-Legge 50 del 17/05/2022 – dovrebbero essere contenute in un’ordinanza di imminente pubblicazione da parte del Ministro dell’Istruzione (in proposito, il CSPI ha espresso parere positivo nella seduta dell’1/06/2022).

Condizioni essenziali per la promozione

Oltre alla verifica della situazione dell’alunno/studente rispetto al raggiungimento o meno degli obiettivi minimi, quali sono le condizioni irrinunciabili per l’ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato?

In primo luogo, la dimensione temporale: l’art. 14, comma 7 del D.P.R. 122 del 22/06/2009 ha sancito che «ai fini della validità dell’anno scolastico [...] per poter procedere alla valutazione finale di ciascun studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato».

Per quanto riguarda in particolare le scuole secondarie di I e II grado, la C.M. 20 del 4/03/2011 precisa che il monte ore annuale delle lezioni consiste nell’orario complessivo di tutte le discipline (ore definite dagli ordinamenti della scuola secondaria di primo grado e dai quadri-orario dei singoli percorsi del secondo ciclo).

Non va quindi presa in considerazione la quota oraria annuale di ciascuna disciplina o il fatto che l’orario settimanale delle lezioni sia organizzato su sei o cinque giorni.

Non deve essere fatto riferimento neppure ai giorni complessivi di lezione previsti dai calendari scolastici regionali, in quanto questi ultimi rappresentano «l’offerta del servizio scolastico che deve essere assicurato alle famiglie, mentre il limite minimo di frequenza richiesto dalle menzionate disposizioni inerisce alla regolarità didattica e alla valutabilità del percorso svolto dal singolo studente».

È appena il caso di rammentare che la didattica a distanza rientra a pieno titolo nell’offerta di servizio scolastico, quindi la mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche (per cause non imputabili alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche ovvero alla connettività di rete) va considerata come assenza a tutti gli effetti. Si richiama, a questo proposito, la Nota M.I. DPIT 699 del 6/05/2021 che, ai sensi del Decreto-Legge 183 del 31/12/2020, convertito con modificazioni nella Legge 2 del 26/02/2021, afferma che «la valutazione degli apprendimenti e delle attività svolte in modalità a distanza produce gli stessi effetti delle attività didattiche svolte in presenza».

Per quanto riguarda i minori ucraini recentemente giunti in Italia, la Nota M.I. 781 del 14/04/2022 (“Accoglienza scolastica per gli studenti ucraini. Indicazioni operative”) dispone quanto segue:

Restano ferme le norme vigenti in materia di validità dell’anno scolastico per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Considerato che gli studenti ucraini, ancorché tardivamente iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado italiane, ordinariamente seguivano percorsi scolastici nel loro Paese, la frequenza di almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato – comprensivo delle attività oggetto di formale valutazione intermedia e finale da parte del consiglio di classe – richiesta ai fini della validità dell’anno scolastico, si considera decorrere dal momento dell’iscrizione dello studente ucraino nella scuola italiana di accoglienza.

Deroghe alla frequenza minima obbligatoria

I sopra indicati richiami normativi alla frequenza minima obbligatoria non escludono che le Istituzioni scolastiche possano autonomamente stabilire, in casi eccezionali, motivate deroghe ai sensi dell’art. 11, comma 1, del D.Lgs. 59/2004 e successive modificazioni: «a condizione che le assenze complessive non pregiudichino la possibilità di procedere alla valutazione stessa. L’impossibilità di accedere alla valutazione comporta la non ammissione alla classe successiva o all’esame finale del ciclo. Tali circostanze sono oggetto di preliminare accertamento da parte del consiglio di classe e debitamente verbalizzate».

Torna anche in questo caso il riferimento al Collegio docenti, che è chiamato a deliberare in proposito. Gli aspetti abitualmente presi in considerazione sono i seguenti:

La valutazione del comportamento

L’altra conditio sine qua non per l’ammissione alla classe successiva nella scuola secondaria di I e II grado è la valutazione del comportamento con voto non inferiore a sei decimi.

Anche in questo caso deve esistere un documento – approvato dal Collegio docenti e condiviso da tutti gli insegnanti – nel quale siano esplicitati i criteri di attribuzione del voto in questione.

In ogni caso, la decisione del Consiglio di classe di attribuire l’insufficienza deve essere motivata e verbalizzata in sede di scrutinio, nonché preceduta dall’irrogazione, nel corso dell’anno scolastico, di una sanzione disciplinare individuata – ai sensi dell’art. 4, comma 1 del D.P.R. 249 del 24/06/1998 – all’interno del Regolamento dell’Istituzione scolastica.

La sanzione di non ammissione all’esame di Stato, prevista dall’art. 4, commi 6 e 9-bis del D.P.R. 249/1998, è invece adottata dal Consiglio di Istituto nei casi di recidiva di reati che violino la dignità e il rispetto per la persona umana oppure atti di grave violenza o connotati da una particolare gravità e tali da ingenerare un elevato allarme sociale, ove non siano possibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l’anno scolastico.

In chiusura si rileva che, pur senza dover giungere a queste conclusioni (si spera in casi assolutamente eccezionali), permangono costantemente alcune difficoltà di valutazione del comportamento degli studenti.

Come valutare un alunno che assume atteggiamenti diversi a seconda del docente con il quale si rapporta? Ovvero un alunno disabile le cui difficoltà si manifestano con evidenza sul piano relazionale? Oppure di un alunno non italofono da poco inserito nella classe?

Sono quesiti che da sempre i Consigli di classe si pongono in sede di scrutinio.

Per l’ultima delle situazioni sopra indicate (alunno straniero di recente immigrazione) ci limitiamo qui a suggerire (qualora non vi siamo evidenti problemi comportamentali e in assenza di dinamiche relazionali realmente valutabili) di assumere come parametri la regolarità della frequenza, l’interesse dimostrato per lo svolgimento delle attività scolastiche e il coinvolgimento nelle stesse, anche in ordine al rispetto delle consegne.

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