Sinergie di Scuola

Sulle pagine di Sinergie di Scuola ci siamo già occupati della dispensa dal servizio per incapacità didattica (num. 110 – Giugno 2021). Non solo la normativa sul tema non è stata abrogata, anzi la sentenza n. 6742 dell’1/03/2022 della Corte di Cassazione conferma i contorni e la vitalità del disposto normativo.

In particolare, tale sentenza risulta essere significativa in quanto la Suprema Corte rimarca quanto già affermato dalla giurisprudenza precedente: il provvedimento in discussione è correttamente adottato dal Dirigente dell’Istituzione scolastica; la dispensa dal servizio prescinde da eventuali responsabilità del dipendente e si fonda su ragioni oggettive, ossia sulla perdita dell’attitudine all’esercizio della funzione docente, sicché non trovano applicazione i principi che regolano l’accertamento della responsabilità disciplinare.

L’art. 512 del D.Lgs. 297/1994 – della cui vigenza, anche all’esito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 165/2001, la Corte di Cassazione non ha mai dubitato (Cass. n. 9129/2008; Cass. n. 10438/2012; Cass. n. 196/2019) – nel disporre che il personale è dispensato dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente insufficiente rendimento, prevede tre distinte fattispecie di risoluzione del rapporto che, seppure accomunate dall’essere tutte riconducibili all’istituto della dispensa, non sono sovrapponibili quanto alle cause che legittimano l’esercizio del potere da parte dell’amministrazione scolastica, potere non dissimile da quello previsto per l’impiego pubblico non contrattualizzato dall’art. 129 del D.P.R. 3/1957.

Inidoneità fisica e incapacità didattica

L’inidoneità fisica, infatti, presuppone l’impossibilità (assoluta o relativa) allo svolgimento delle mansioni, derivante dalle condizioni di salute psico-fisica dell’impiegato. L’incapacità didattica, invece, rende il docente non idoneo alla funzione e consiste nell’inettitudine assoluta e permanente a svolgere le mansioni inerenti all’insegnamento, inettitudine che deriva da deficienze obiettive, comportamentali, intellettive o culturali che solo come conseguenza inducono prestazioni insoddisfacenti. A giudizio della Corte di Cassazione la parte ricorrente non può invocare l’applicazione dell’art. 514 del D.Lgs. 297/1994 perché la norma, nel prevedere il collocamento fuori ruolo a domanda e l’utilizzazione in altri compiti compatibili con la preparazione culturale e professionale, si riferisce al solo personale dichiarato inidoneo per motivi di salute e non è estensibile alla dispensa per incapacità didattica.

Lo scarso rendimento, quindi, si configura qualora quello stesso effetto venga prodotto, non da un’oggettiva assenza di capacità, bensì da insufficiente impegno o dalla violazione dei doveri di ufficio. Solo per quest’ultima ipotesi potrebbe, in astratto, porsi una questione di compatibilità della normativa dettata dal D.Lgs. 297/1994 con i principi che regolano il procedimento disciplinare, non già per l’incapacità didattica che, come da tempo evidenziato anche dalla giurisprudenza amministrativa (C.d.S. n. 3024/2005; C.d.S. n. 2495/2000), non discende da comportamenti colpevoli dell’insegnante e, pertanto, non implica una responsabilità né postula un giudizio di proporzionalità, perché la dispensa non ha carattere sanzionatorio, trattandosi di atto che si limita a constatare l’oggettiva inidoneità a svolgere la funzione di insegnante.

Il giudizio, sottolinea la Corte, non ha natura discrezionale, proprio perché si muove sul piano dell’accertamento, con la conseguenza che lo stesso, seppure necessariamente valutativo, si deve fondare su dati oggettivi convergenti tra loro e sintomatici della mancanza di attitudine all’impiego.

Scarso rendimento e responsabilità disciplinare

Riguardo alla “distanza” fra l’istituto in menzione e la responsabilità disciplinare, si ribadisce, ancora, l’orientamento già espresso dalla medesima Corte nella motivazione della sentenza n. 10438/2012 con la quale si è evidenziato che «l’estraneità della procedura di dispensa rispetto al procedimento disciplinare porta ad escludere la diretta applicabilità delle norme specificamente dettate per quest’ultimo, salva l’esigenza che il procedimento adottato garantisca effettivamente il necessario contraddittorio».

Si tratta di un principio che discende dalla necessità di interpretare la normativa, silente sul punto, in termini orientati al rispetto della giurisprudenza del Giudice delle leggi che, da tempo, ha escluso la legittimità costituzionale di meccanismi di dispensa dal servizio che abbiano carattere automatico e siano strutturati in modo tale da non consentire la partecipazione dell’interessato al procedimento (cfr. Corte Cost. n. 240/1997).

A tal proposito è utile ancora rilevare come la Suprema Corte abbia superato anche la censura proposta dalla parte ricorrente che addebita alla sentenza del giudice di appello la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto sotto il profilo della violazione del diritto di contraddittorio e difesa del lavoratore e delle garanzie procedimentali. La parte ricorrente rileva che, sebbene il procedimento di dispensa dal servizio non preveda l’audizione del lavoratore, il giudice di appello avrebbe dovuto, in ogni caso, fornire delle norme un’interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto del principio del contraddittorio e, di conseguenza, ritenere applicabili le disposizioni che regolano il procedimento disciplinare.

In via subordinata, la parte attrice denuncia l’omesso esame della questione di legittimità costituzionale degli art. 25, commi 2 e seguenti e 55-quater del D.Lgs. 165/2001 e s.m.i. in relazione agli artt. 3, 4, 35, 97 Cost. nella parte in cui, rispettivamente, attribuiscono al Dirigente scolastico il potere di dispensa e non estendono l’applicazione delle norme in tema di licenziamento disciplinare anche al provvedimento che qui viene in rilievo: si richiama al riguardo la giurisprudenza costituzionale sul divieto di misure espulsive automatiche e si sostiene che la garanzia del contraddittorio deve essere assicurata ogniqualvolta l’amministrazione decida di risolvere il rapporto di impiego.

Una volta esclusa la natura disciplinare dell’atto di dispensa per incapacità didattica non vi è spazio per ritenere direttamente applicabile la disciplina del procedimento dettata dal D.Lgs. 165/2001 e, pertanto, non può determinare l’illegittimità dell’atto la mancata audizione personale, che la parte ricorrente asserisce non essere mai stata disposta, nonostante l’espressa sollecitazione.

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