Sinergie di Scuola

La diffusione e l’acutizzazione della pandemia di Covid-19 ha portato le scuole di ogni ordine e grado a ripensare, e di conseguenza rimodulare, i programmi didattici tenendo conto dell’impossibilità di accedere alla didattica frontale.

Tutti gli Istituti, seguendo le linee guida del MIUR, hanno gradualmente attivato da fine febbraio varie forme di didattica a distanza (DAD). Da allora sono trascorsi diversi mesi ed ora l’attenzione è spostata al rientro nelle classi a settembre. Le linee guida presentate a fine giugno dal Ministero dell’Istruzione per l’avvio del nuovo anno scolastico 2020/2021 prevedono più didattica laboratoriale e meno frontale, in piccoli gruppi e non necessariamente in classe. Potranno infatti essere sfruttati nuovi spazi (cinema, teatri, aree all’aperto...) per coniugare la necessità di distanziamento con l’innovazione.

Qualora la situazione sanitaria peggiorasse e si verificassero nuovi contagi, si pensa anche ad una didattica mista in cui la DAD potrà essere integrata con quella in presenza.

DAD quindi completamente da dimenticare da settembre? Non è detto, occorrerà seguire con attenzione l’andamento dei contagi.

Da quali considerazioni partire?

Nell’adottare questa nuova linea educativa il focus deve rimanere sui bambini e quindi prevedere l’introduzione di lezioni, siano esse digitali, miste o in presenza, tenendo conto non solo dell’età, ma anche e soprattutto delle reali esigenze educative dei minori.

Principio guida giuridico-positivo dell’attività educativa è innanzitutto il superiore interesse del minore come riconosciuto e codificato dalla comunità internazionale in alcuni importanti documenti, quale in primo luogo la Convenzione sui diritti del fanciullo approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989.

Partendo dal testo della Convenzione si può ricavare un «diritto fondamentale del bambino: quello di essere considerato tale, accolto cioè con le sue reali aspettative e le sue vulnerabilità profonde, il suo immenso potenziale e la sua immensa sensibilità», cioè il diritto di non essere trattato come un adulto.

Tale diritto dovrebbe essere declinato nei diversi contesti in cui vive il minore, compreso quello scolastico.

In questo momento così inatteso e di grande difficoltà per tutti, la scuola è chiamata a restituire a bambini e ragazzi un senso di sicurezza e pseudonormalità.

L’enorme sfida è capire che possiamo e dobbiamo trarre insegnamento da questa emergenza, trasformando una profonda crisi in risorsa.

DaD: pro e contro

Partirei da una riflessione importante: ogni tipo di formazione racchiude in sé delle caratteristiche peculiari che la rendono più funzionale in certi contesti rispetto ad altri.

Un indiscutibile vantaggio della didattica digitale è che i contenuti sono fruibili nei momenti e nei luoghi scelti dagli studenti e dai docenti. La comunicazione, inoltre, può essere gestita secondo le più diverse esigenze: uno a uno, uno a molti, molti a molti.

Gli studenti possono comunicare con i loro insegnanti o con i compagni in tempo reale (comunicazione sincrona) oppure possono comunicare in differita attraverso mail o forum di discussione (comunicazione asincrona).

Altro vantaggio della didattica digitale è la flessibilità nei modi e negli stili di apprendimento: il docente può personalizzare il percorso didattico per gli allievi tenendo conto dei loro punti di forza e di debolezza.

Per i cosidetti nativi digitali, l’e-learning è accattivante, stimolante, coinvolgente.

Non mancano, però, i limiti che vanno dall’impossibilità di accedere alla rete, alla mancata o scarsa dimestichezza con i mezzi informatici, alla cattiva gestione del tempo e alla considerazione, da parte di alcuni, della didattica digitale come forma di apprendimento fredda e distaccata.

Occorre considerare alcuni importanti fattori nel pianificare le lezioni on-line. Vediamo quali.

I fattori da considerare per pianificar la DaD al meglio

Per i bambini più piccoli occorre privilegiare la dimensione ludica del contatto a distanza, così come già scritto a pagina 5 del Decreto del M.I. del 17/03/2020.

La didattica a distanza per tutti gli alunni non può non tener conto del loro livello di attenzione sostenuta, ovvero quell’abilità di dirigere e mantenere l’attività cognitiva verso stimoli specifici. Più i bambini sono piccoli, più basso è il loro livello attentivo e di conseguenza la loro capacità d’apprendimento.

Senza attenzione, così come senza motivazione, infatti, non può esserci reale apprendimento.

Inoltre, per tutti gli alunni, ma questo aspetto risulta amplificato per i più piccoli, non esiste un reale apprendimento senza la dimensione relazionale e sociale del gruppo classe, senza la presenza fisica, ma soprattutto emotiva dell’insegnante e dei pari.

La vera didattica è quella in presenza, non dobbiamo dimenticarlo: quella basata sulle relazioni, sugli sguardi, sulle parole e sui gesti. Sull’insegnante che modula il tono della voce se si rende conto che la classe è stanca, annoiata oppure non sta seguendo il filo della spiegazione. Attraverso lo schermo del pc ciò non è possibile e quindi occorre essere ancora più attenti: i bambini devono sentire comunque l’insegnante vicino emotivamente, anche se lontano fisicamente.

Altro fattore da considerare i tempi di utilizzo delle tecnologie da parte dei bambini.

L’OMS ha rilasciato il documento “Linee guida sull’attività fisica, sui comportamenti sedentari e sul sonno” che, tra le altre questioni, definisce il numero di ore che i bambini di età inferiore ai cinque anni dovrebbero trascorrere davanti ad uno schermo (pc, tablet, smartphone, TV).

Per quanto tempo quindi lasciare un bambino, di circa 5 anni, in compagnia di questi strumenti tecnologici?

La risposta dell’OMS è chiara: mentre i bambini di età inferiore all’anno non dovrebbero avere alcun accesso agli schermi (No Screen Time), per i bambini tra i 2 e i 5 anni, il Sedentary Screen Time dovrebbe essere al massimo di 1 ora al giorno.

Le scuole, quindi, devono considerare questi fondamentali aspetti nel programmare le lezioni a distanza.

In conclusione, la tecnologia in didattica serve, ma non da sola – perché da sola non basta: il lavoro e il ruolo del docente sono imprescindibili!

Il digitale coinvolge e include, “gioca in casa” degli studenti, ma non basta a sé stesso.

I danni derivanti da una massiccia esposizione all’uso delle tecnologie

Diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione prolungata alle tecnologie da parte dei più piccoli può avere conseguenze dannose a più livelli: dall’insorgenza di disturbi depressivi, ad alterazioni nel ritmo sonno-veglia, a difficoltà nella gestione emozionale.

Non appaiono diverse le conclusioni per i bambini più grandi in età scolare: nonostante il potenziale educativo, di intrattenimento e di socializzazione di queste nuove tecnologie, esiste un lato oscuro da approfondire. Studi con Risonanza Magnetica Funzionale hanno infatti dimostrato l’alterazione di circuiti cerebrali coinvolti nelle funzioni affettive, motivazionali e cognitive dei ragazzi, affetti da dipendenza da Internet, con un aumentato rischio di insorgenza di iperattività, disattenzione, aggressività e, nei casi più gravi, autoloesionismo.

Non sono inoltre da trascurare i problemi sulla qualità e quantità del sonno anche per i ragazzini più grandi con conseguenze in ambito scolastico e i problemi sullo sviluppo posturale derivanti dall’uso eccessivo di dispositivi mobile.

«La presenza ubiquitaria della tecnologia provoca quella che potremmo definire sovrastimolazione sensoriale», spiega Claudio Mencacci, medico psichiatra, direttore Dipartimento Neuroscienze e salute mentale dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Fatebenefratelli – Sacco di Milano.

«La tecnologia permette enormi vantaggi sul versante dell’acquisizione delle conoscenze, specialmente di conoscenze settoriali e tecniche, mentre rischia di non aiutare nella creazione delle competenze emotive, affettive e relazionali» afferma Giovanni Migliarese medico psichiatra e psicoterapeuta, responsabile del Centro ADHD Adulti dell’ASST Fatebenefratelli – Sacco.

Indicazioni per i Dirigenti scolastici

La nuova esperienza didattica rappresenta per tutti un grande cambiamento, con il quale siamo stati costretti a misurarci nei mesi scorsi e saremo chiamati a farlo anche per quelli futuri.

Per evitare di farci travolgere dal cambiamento repentino, sarebbe importante condividere con le famiglie il percorso da realizzare insieme in maniera graduale e costante, in modo da consentire loro di adattarsi al cambiamento, apprezzandone gli aspetti positivi.

Dai bambini più piccoli della scuola primaria agli alunni più grandi delle scuole superiori, il focus non cambia: loro sono la scuola!

Cari Dirigenti, attraverso il team dei vostri docenti, avete la straordinaria possibilità di essere accanto ai bambini e ai ragazzi che imparano.

Mai come ora, in questa situazione di disorientamento generale e incertezza, avete il ruolo di rappresentare per la comunità scolastica un punto saldo di riferimento: qual è la via?

La via è la relazione: nessuna forma di apprendimento o conoscenza esiste senza una relazione.

Siate quindi vicini ai ragazzi e alla loro famiglie, rinsaldate le relazioni preesistenti e costruitene di nuove per creare una vera e grande comunità educante che possa insieme affrontare questa emergenza.

Trasmettere alle vostre famiglie il messaggio che i cambiamenti, per quanto inaspettati e difficili da gestire, fanno crescere, maturare e fanno scoprire in ciascuno di noi risorse che non si pensava di avere.

Non è l’abitudine, bensì il cambiamento, la molla della crescita!

Dialogate con le famiglie dei vostri alunni. Famiglia e scuola, a causa della pandemia, si sono compenetrate: aiutatevi a vicenda a mantenere ruoli e responsabilità specifiche riducendo l’incertezza. Come? Occorre dare ai bambini e ai ragazzi la percezione che c’è dietro una programmazione, che non si vive alla giornata. Gli alunni non devono avere la percezione che ci sia un buco nel loro percorso d’apprendimento.

Scuola e famiglia devono sottolineare le intenzioni comuni per creare delle buone estabili relazioni e devono riconoscere l’una gli sforzi dell’altra.

Date indicazioni precise alle famiglie sulle nuove routine; le indicazioni servono da bussola e aiutano ad orientarsi.

Programmate, attraverso l’ausilio di piattaforme on-line, degli incontri con i rappresentanti delle varie classi in cui spiegate gli obiettivi che vi siete prefissati e le modalità per raggiungerli.

Le famiglie sono in ansia, hanno paura che molto sia stato trascurato e che parte del programma didattico sia perso per sempre. Tranquillizzatele: spiegate loro che la scuola c’è e che sta lavorando per e con i ragazzi al fine di accompagnarli nel loro percorso di crescita.

Fate eventualmente seguire all’incontro un documento scritto in cui ribadite le informazioni orali, per permettere a tutti i genitori di prenderne visione. Stilate, cioè, un’informativa che non solo spieghi alle famiglie le linee guida della vostra scuola, ma che faccia sentire l’attenzione e la vicinanza ai ragazzi.

Indicazioni per i docenti

Svegliarsi un giorno e dover lavorare all’improvviso in un nuovo contesto con regole nuove spaventa. Ricordate, però, che i nostri ragazzi ci insegnano una grande lezione: l’adattabilità. Loro, seppur con fatica, si sono adattati: dobbiamo farlo anche noi.

Non combattiamo contro questo nuovo modo di fare didattica, anche se non ci piace, ma cerchiamo piuttosto di prenderne il meglio, certi che ne usciremo arricchiti e con maggiori competenze (tecnologiche di certo!) da spendere con i nostri alunni quando finalmente ritorneremo in classe.

In questa situazione bambini e ragazzi si trovano in uno spazio scomodo: i genitori e i docenti sono l’uno accanto all’altro, sempre, ogni giorno. Genitori che assumono il ruolo di insegnanti e insegnanti, dal canto loro, che si trovano spesso ad assumere il ruolo del genitore se assente o distante. L’alunno, dalla primaria alle superiori, è come se non avesse più margini di autonomia, si sente come “braccato”, un po’ invaso nella sua intimità.

Come tenere conto di questo aspetto nella didattica a distanza?

Alle nostre classi avanziamo richieste e proponiamo attività che sollecitino l’autonomia: permettiamo ai bambini di essere più protagonisti, non releghiamoli in una posizione passiva. Se si abituano, infatti, ad essere sempre accompagnati per mano nel loro percorso a distanza perché le richieste della scuola non tengono conto dell’età e delle loro reali capacità, rischiamo di ritrovarci a settembre con alunni del tutto fragili e adulto-dipendenti.

Altro aspetto da sollecitare è poi senza dubbio l’attenzione. Questa funzione si attiva in un certo contesto. A scuola l’alunno sa di dover stare attento; il contesto casa, però, è diverso.

Come facciamo allora ad aiutare i nostri alunni? Suggeriamo di costruire e mantenere nel tempo delle routine perché molti bambini, in questa situazione, tendono a procrastinare. Le abitudini precedenti sono cambiate per ovvie ragioni, ma occorre crearne delle nuove. Tenere a casa delle routine aiuta ad attivare il cervello e quindi l’attenzione. Darsi una programmazione è un’abitudine vitale. Con i bambini più piccoli si può anche pensare di costruire insieme un piano di lavoro settimanale in cui ci sia una giusta alternanza tra momenti di studio e momenti di gioco. Sapere che dopo la mezz’ora di matematica al computer ci sarà una mezz’ora di pausa con annessa merenda stimola il bambino a mantenere più viva la sua attenzione perché dopo un momento molto impegnativo ne seguirà uno piacevole più leggero. Se ci pensiamo bene anche a scuola succede così: l’intervallo in giardino con i compagni appena dopo una lezione funge da traguardo e ricompensa che agisce sulla lezione stessa. «Sto attento ancora un po’, tanto tra poco potrò correre e giocare con i miei amici» – così il cervello di un alunno si autostimola. A casa deve poter trovare applicazione lo stesso principio.

Altro fattore l’interattività. Dobbiamo rallentare i ritmi per aumentare l’interattività. Non possiamo pensare di poter fare esattamente le stesse cose come prima, sarebbe assurdo! La situazione è cambiata e di conseguenza sono cambiate le priorità. Non facciamoci prendere dall’ossessione di far tutto come a scuola: ogni cosa passa attraverso la relazione.

Niente ansia da nozioni perse o da recuperare: è molto più importante mantenere una parvenza di relazione. I bambini hanno la straordinaria capacità di recuperare, non dobbiamo preoccuparci. Se siamo in ansia, trasmettiamo ansia e i bambini hanno bisogno di certezze, poche ma durature nel tempo.

Dobbiamo preoccuparci se i nostri alunni non portano fuori ciò che hanno nascosto dentro: la nostra lontananza fisica, non può, non deve essere emotiva. Programmiamo lezioni per ascoltare le loro opinioni, le loro idee rispetto a quanto sta accadendo e le loro emozioni. Proviamo noi docenti a metterci in una situazione di ascolto e permettiamo alla voce dei nostri alunni di uscire: troppo spesso ci si dimentica di quanto sia basilare l’attività dell’ascolto perché si ha l’ansia da prestazione del programma.

La scuola non è solo contenuti, è ben oltre! Una scuola moderna che cambia non può non tenerne conto.

Come docente, vivo in prima persona questa nuova forma didattica e capisco bene gli scogli da superare, le difficoltà che si incontrano, le resistenze da parte di alcuni genitori, e perché no anche le critiche, ma ciò che mi motiva sempre e che mi spinge a proseguire nei momenti difficili sono i sorrisi dei miei ragazzi e sapere che di certo qualcosa di questa esperienza rimarrà e renderà tutti più maturi, consapevoli e forti!

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