Sinergie di Scuola

Negli ultimi mesi la norme che regolano il rapporto di lavoro e gli adempimenti amministrativi nella pubblica amministrazione hanno visto una serie di aggiornamenti. Tra questi, l’intervento sul tema delle assenze per visite mediche specialistiche, se non chiarito al più presto, potrebbe fare sorgere dubbi sul diritto alla salute e alla privacy.

Ampliamento delle attività compatibili e nuovi obblighi in tema di comunicazione

In tema di incompatibilità, riscontriamo delle novità delle ultime settimane che riguardano sia le modalità di comunicazione degli incarichi sia l’ampliamento delle ipotesi di attività consentite.

Per quanto riguarda le comunicazioni, vanno analizzati i commi 5-bis, ter e quater dell’art. 1 decreto 101/2013, inseriti in sede di conversione dalla legge 125. 

Le nuove disposizioni prevedevano, innanzitutto, che tutti i dati inerenti la spesa per gli incarichi esterni (anche a pubblici dipendenti) avrebbero dovuto essere trasmessi entro il 31 dicembre 2013, pena gravi sanzioni quali la nullità dell’incarico, la responsabilità disciplinare, la sanzione pecuniaria fino a cinquemila euro e la responsabilità amministrativa per danno erariale (sanzioni che si applicano sia per la violazione degli obblighi di comunicazione che per i conferimenti di incarichi effettuati in violazione delle misure di contenimento).

Numerosi dubbi emergono dalla lettura del comma 5-bis; questa norma sembra non coordinarsi con le numerose già vigenti sul punto, e non abrogate, e impone un ulteriore obbligo di comunicazione senza indicare a chi debba essere indirizzata la stessa. Il successivo comma 5-quater prescrive una relazione che il Ministero PA deve effettuare alle Camere entro il 31 marzo di ogni anno, per cui sembra desumersi (senza certezza, deve sottolinearsi) che gli stessi dati debbano essere comunicati al medesimo Ministero.

Nella gravità delle conseguenze addossate al responsabile di procedimento per l’omissione, questa mancanza del legislatore appare sorprendente, e necessita di chiarimenti urgenti, che si suggerisce di richiedere perlomeno ai propri superiori gerarchici. 

L’interpretazione della norma crea peraltro ulteriori motivi di dubbio. Come abbiamo più volte trattato su queste pagine e sulla monografia sulle incompatibilità, gli incarichi esterni non soggiacciono solo a questo obbligo di comunicazione, poiché:

  • l’art. 53 D.Lgs. 165/2001, commi 12, 13 e 14, prevede che gli incarichi esterni debbano comunicarsi al Dipartimento Funzione Pubblica entro il 30 giugno di ogni anno, compresi i dati relativi ai compensi,  mentre gli emolumenti per incarichi assegnati ai propri dipendenti debbono essere comunicati al medesimo Dipartimento entro 15 giorni (si presume, dall’incarico o conferimento), ferma restando la comunicazione al Dipartimento Funzione Pubblica entro il 30 giugno di ogni anno dei compensi derivanti da incarichi percepiti dai propri dipendenti;
  • l’art. 60 del medesimo decreto 165 prevede che ogni anno, entro maggio, le amministrazioni pubbliche presentino il conto annuale del personale alla Corte dei conti, tramite  il  Dipartimento della ragioneria  generale  dello  Stato  e  inviandone  copia  al Dipartimento  della  funzione pubblica.

Un vero profluvio di dati, dal contenuto simile quando non uguale, da trasmettere agli stessi organi istituzionali in tempi diversi, e da pubblicare sul proprio sito web istituzionale. Sfugge la ratio di questo ulteriore adempimento a carico delle amministrazioni, e sorprende alla luce delle misure di semplificazione dell’azione amministrativa tanto pubblicizzate negli ultimi anni.


Per quanto riguarda il conferimento di incarichi esterni, il comma 5 dell’art. 1 del decreto 101, modificato anche questo in sede di conversione, stabilisce che per tutte le amministrazioni pubbliche (tranne università, enti e fondazioni di ricerca e organismi equiparati e istituti culturali), ed esclusi gli incarichi di studio connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, la spesa per incarichi esterni non può superare per il 2014 l’80% del limite sussistente per il 2013, e per il 2015 il 75% del relativo parametro riferito al 2014. Fanno eccezione «[...] le attività sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco».

Non rientrano quindi nella limitazione imposta al ricorso agli incarichi esterni la categoria degli «incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario». La disposizione salva dai limiti gli incarichi di studio tesi alla “privatizzazione” e quelli connessi «alla regolamentazione del settore finanziario».

Per quanto riguarda, infine, le attività esterne “compatibili”, quelle cioè ricomprese nell’elenco art. 53 comma 6 del D.Lgs. 165/2001 e come tali consentite senza previa autorizzazione della propria amministrazione, si riscontra una apertura.  Il decreto 101, convertito nella legge 125/2013, ha modificato infatti la lettera f-bis, disponendo che sono escluse dall’ordinario regime autorizzatorio le attività di formazione  diretta  ai  dipendenti  della pubblica  amministrazione nonché quelle (qui la novità) di docenza e di ricerca scientifica. Anche l’interpretazione di tale previsione non è pacifica; occorrerebbe una definizione certa che differenzi l’attività di formazione (già prevista nell’originaria formulazione) da quella di docenza (consentita solo da qualche settimana), e se la docenza possa essere diretta anche a soggetti esterni alla pubblica amministrazione (interpretazione anche questa possibile).

Per ora riscontriamo la certa apertura sul punto, sulla stregua della medesima formulata in sede di redazione del Piano Nazionale Anticorruzione, che tratteggia con favore le attività esterne espressione di libera manifestazione di pensiero e come tali di stimolo e accrescimento della professionalità del dipendente. 


La Corte dei Conti sulla formazione obbligatoria in tema di anticorruzione

Gli istituti scolastici, dopo varie richieste di interventi di chiarimento in sede istituzionale, sono ancora in attesa di conoscere quali dei numerosi adempimenti in tema di anticorruzione siano effettivi, e con quali modalità, per il mondo della scuola, considerate le sue peculiari caratteristiche.

Nel frattempo tuttavia, come più volte approfondito su queste pagine, i numerosi adempimenti in tema di anticorruzione sono operanti, ed in particolare entro il 31 gennaio 2014 andranno pubblicati sia i singoli piani triennali anticorruzione che gli specifici codici di comportamento per i dipendenti.

In mezzo a tanti nuovi compiti e alle contemporanee difficoltà derivanti dalle sempre più rigide misure di contenimento della spesa, un intervento “distensivo” è quello recentissimo della Corte dei Conti a proposito della formazione obbligatoria in tema di anticorruzione

Preliminarmente, ricordiamo quanto disposto dal comma 13, art. 6, del D.L. 78/2010:

6.  A decorrere dall’anno 2011 la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica aministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, per attività esclusivamente di formazione, deve essere non superiore al 50% della spesa sostenuta nell’anno 2009.

La Corte dei Conti, sezione di controllo dell’Emilia Romagna, a questo proposito, a riscontro della richiesta di un comune del parmense, con deliberazione 276 del novembre 2013 si è espressa nel senso della non applicabilità di questi vincoli alla materia della formazione obbligatoria in tema di anticorruzione.

Il parere ripercorre con attenzione l’operatività degli obblighi formativi in capo alle amministrazioni, comprese le scuole, così come introdotti dalla legge anticorruzione e dagli atti correlati, e ricorda:

  • sia il comma 8 che il comma 10 dell’art. 1 della legge 190/2012, che impongono al responsabile anticorruzione di approntare ogni anno procedure appropriate e specifiche per la formazione dei dipendenti nelle aree a rischio, provvedendo direttamente ad individuare il personale destinatario;
  • il comma 44 del medesimo articolo 1, che dispone che le amministrazioni organizzino attività di formazione del personale per la conoscenza e l’applicazione corretta dei codici di comportamento;
  • il Piano Nazionale Anticorruzione, recentemente approvato, che prevede che le pubbliche amministrazioni debbono programmare interventi formativi adeguati, di livello sia generale che specifico;
  • l’Allegato 1 (strumento di analisi e articolazione dettagliata del PNA), che ricorda che la formazione riveste un’importanza cruciale nell’ambito per la prevenzione della corruzione, diffondendo valori etici e principi di comportamento eticamente e giuridicamente adeguati;
  • il comma 8 e il comma 12 dell’art. 1 della citata legge anticorruzione, che prevedono forme accentuate di responsabilità per i dirigenti e il responsabile anticorruzione conseguenti all’inosservanza dell’obbligo formativo nei confronti dei dipendenti.

La Corte dei Conti in conclusione, verificata la obbligatorietà più volte richiamata dal legislatore in tema di formazione e anticorruzione, ritiene legittimo derogare sul punto al tetto di spesa previsto dal D.L. 78/2010, pur ritenendo comunque necessario prevedere adeguate forme di contenimento della spesa, se possibile, come il ricorso alla formazione interna.

Nel rammentare che la giurisprudenza non ha nel nostro ordinamento forza di legge ma valore di interpretazione, sia pur privilegiata, questa apertura rende possibile comunque adottare progetti formativi anche in deroga alle rigide limitazioni della spesa. È raccomandabile l’attenzione a forme di motivazione che diano conto quindi dei pareri giurisprudenziali e del bilanciamento degli interessi e delle prescrizioni così come susseguite nel tempo (come effettuato del resto dalla stessa Corte sul punto).


La nuova disciplina delle assenze e dei permessi

Il decreto legge 101, convertito nella legge 125 del 30/10/2013, ha recato novità importanti anche in tema di assenze per visite specialistiche, modificando il comma 5-ter dell’art. 55-septies del D.Lgs. 165/2001 (articolo  che sul punto era stato oggetto di approfondimento da parte della circolare Funzione Pubblica n. 10/2011).

Il nuovo testo dell’articolo dispone espressamente che (in testo sottolineato le modifiche): 

5-ter.  Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che  hanno svolto la visita o la prestazione o trasmessa da questi  ultimi mediante posta elettronica

In sintesi, le novità riguardano:

  • l’imputazione dell’assenza: il termine “permesso” sostituisce il precedente “assenza”. Ciò vuol dire che sarà necessario chiedere l’autorizzazione dirigenziale per assentarsi dal lavoro per visite specialistiche o terapie, e che quindi si lascerà alla discrezionalità del dirigente (con tutte le conseguenze del caso) la possibilità di concedere o no un permesso strettamente collegato ad esigenze di salute del dipendente (in allegato un’ipotesi di modulo utile per la richiesta di permesso);
  • l’orario dell’assenza: la certificazione del medico o della struttura che eroga la prestazione sanitaria dovrà indicare, nell’attestazione giustificativa rilasciata al dipendente, anche l’orario della prestazione (specificazione prima non richiesta). Ciò vuol dire che non potranno più accettarsi giustificativi che rechino indicazioni generiche riferite alla mattina o al pomeriggio;
  • la trasmissione dell’attestazione: le strutture o i medici che hanno effettuato la prestazione potranno inviare l’attestazione giustificativa anche per posta elettronica e, in questo caso, i datori di lavoro pubblici non potranno esimersi dall’accettarla.
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