Sinergie di Scuola

Effettuare acquisizioni in ambito scolastico, con una normativa in continua evoluzione e purtroppo non sempre chiara, non è affatto agevole.

Di seguito, analizziamo alcune casistiche particolari di acquisti da parte delle istituzioni scolastiche.

Acquisti oltre i 2.000 euro (o oltre il limite stabilito dal CdI)

È corretto invitare cinque fornitori per ogni procedura di acquisto che va oltre i 5.000 euro stabiliti dal Consiglio di istituto per acquisti diretti del Dirigente (art. 34 D.I. 44/2001)? Oppure se ne possono interpellare solo tre, come da D.I. 44/2001?

Il D.I. 44/2001 prevede la comparazione di almeno tre preventivi per acquisti oltre i 2.000 euro o il limite stabilito dal Consiglio di Istituto (5.000 euro nel caso prospettato).

Il D.Lgs. 50/2016 prevede l’affidamento diretto, purché adeguatamente motivato, fino a 40.000 euro (art. 36, comma 2 lett. a). Con l’espressione “adeguatamente motivato”, secondo le linee guida dell’ANAC, si intende la comparazione di due preventivi. Di conseguenza, fino a 40.000 euro è sufficiente la richiesta di 3 preventivi.

Va evidenziato tuttavia che la nota MIUR prot. 1588 del 13/01/2016, avente per oggetto “Fondi Strutturali Europei - Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020 – Linee guida dell’Autorità di Gestione per l’affidamento dei contratti pubblici di servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria e Allegati”, nel richiamare le scuole all’osservanza del D.Lgs. 50/2016, “suggerisce” a pag. 15 di invitare un numero di ditte «congruo e superiore a cinque».

Può essere interesse comune delle scuole e dei fornitori elevare il numero degli inviti (eventualità comunque corretta, dato che il D.I. 44/2001 prevede all’art. 34, comma 1, la «comparazione delle offerte di almeno tre ditte direttamente interpellate»), ma rimane il fatto che il D.Lgs. 50/2016 citato ne prevede 5 solo per «affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all’articolo 35 per le forniture e i servizi, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti» (art. 36, comma 2 lett. b).

Acquisti da istituto in liquidazione coatta amministrativa

Acquistando beni da un istituto di studi musicali paritario in liquidazione coatta amministrativa è necessario il CIG oppure si può considerare come fattispecie contrattuale non soggetta agli obblighi di tracciabilità in quanto contenuti in un perimetro pubblico ben delimitato da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, tali da rendere ex se tracciati i rapporti?

Il CIG, prima dell’emanazione della Legge n. 136/2010, veniva utilizzato al fine di vigilare sulla regolarità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici sottoposti alla vigilanza dell’Autorità. È divenuto poi lo strumento, insieme al CUP, su cui è imperniato il sistema della tracciabilità dei flussi di pagamento.

In considerazione di questa funzione, la richiesta del CIG è obbligatoria per tutte le fattispecie contrattuali di cui al Codice dei contratti, indipendentemente dalla procedura di scelta del contraente adottata e dall’importo del contratto (Determinazione AVCP n. 8/2010).

In seguito, l’AVCP ha emanato ulteriori linee guida, che fanno anche riferimento agli appalti esclusi ex art. 19, comma 2 D.Lgs. 163/2006 (Contratti di servizi esclusi).

Vediamo uno stralcio di queste ultime linee guida:

Determinazione n. 4 del 7/07/2011
Linee Guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari
ai sensi dell’art. 3 della Legge 13/08/2010, n. 136

3.4 I flussi finanziari soggetti a tracciabilità
Dall’ampia dizione impiegata dall’ art. 3, comma 6, discende che la tracciabilità dei flussi finanziari trova applicazione, tra l’altro, ai flussi finanziari derivanti dai seguenti contratti:
1) contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, anche quelli esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del Codice, di cui al Titolo II, Parte I dello stesso, ivi compreso l’affidamento a contraente generale;
2) concessioni di lavori e servizi;
3) contratti di partenariato pubblico privato, ivi compresi i contratti di locazione finanziaria;
4) contratti di subappalto, subfornitura e subcontratti;
5) contratti in economia, ivi compresi gli affidamenti diretti.
Nel codice civile, all’art. 1655, il contratto di appalto è definito come «il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro».
Nel Codice, all’art. 3, comma 6, accogliendo la nozione di derivazione comunitaria, l’appalto pubblico è definito come il contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, avente per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi come definiti dal Codice stesso.
Di conseguenza, le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari si applicano in tutti i casi in cui sia stipulato un contratto d’appalto pubblico tra operatore economico e committente pubblico, indipendentemente dall’esperimento o meno di una gara per l’affidamento dell’opera o del servizio ed a prescindere dal valore, che può essere anche modico.

Nel caso in esame, la stazione appaltante compie un’operazione su base negoziale e non su base giudiziale (si procede con un affidamento diretto alla stipula di un contratto), per cui si ritiene non sussista una tipologia di esclusione dagli obblighi di tracciabilità legata all’assenza di un rapporto contrattuale definibile quale contratto di appalto pubblico ex art. 3, comma 6, D.Lgs 163/2006 (poi art. 3 lett. dd) D.Lgs 50/2016) e art. 1655 c.c..

Prestazione di servizi: ordine o contratto?

Qual è la discriminante tra la redazione di un contratto e l’effettuazione di un ordine in caso di richiesta di prestazione di servizi? In quali casi è necessario fare un contratto e in quali basta un semplice ordine?

Quando una pubblica amministrazione acquista un bene o un servizio o appalta un lavoro, un’opera, ecc. stipula sempre un contratto con un altro soggetto.

Il D.Lgs 50/2016 (Codice dei Contratti), all’art. 3 comma 1 lettera dd riporta questa definizione: «contratti» o «contratti pubblici» sono i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti.

Quindi, le stazioni appaltanti appaltano (o concedono, ma il caso è più raro) opere, lavori, servizi, forniture; inoltre, secondo l’art. 1655 c.c., il contratto di appalto è definito come «il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro», quindi siamo sempre in presenza di un contratto.

Quello che può variare è la forma del contratto, attualmente definita dall’art. 32, comma 14 del D.Lgs. 50/2016:

14. Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata; in caso di procedura negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri.

Generalmente, si stipula un contratto sotto forma di scrittura privata (a doppia firma, Dirigente scolastico e prestatore d’opera, precisando di solito che la registrazione è prevista solo in caso d’uso) con i supplenti temporanei e con i prestatori d’opera intellettuale/lavoro autonomo/occasionale/professionale (es. esperti esterni, tutor, formatori ecc.).

È molto sottile la linea di demarcazione tra prestazione d’opera (regolata dall’art. 7, comma 6 e sgg. del D.Lgs. 165/2001) ed erogazione di servizio (soggetta alle regole del D.I. 44/2001 e del D.Lgs. 50/2016), ma se il servizio (es. medico del lavoro, RSPP...) è erogato da una persona fisica, generalmente viene stipulato un contratto in forma di scrittura privata.

A tale proposito si rimanda alla lettura dell’articolo: “Come stipulare contratti con esperti per la formazione del personale”, pubblicato sul num. 67 – Marzo 2017 di Sinergie di Scuola.

L’ordine (di solito redatto come “buono d’ordine”) è sempre un contratto, stipulato però mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio: la ditta comunica, con un’offerta/preventivo, la propria disponibilità a fornire il bene/servizio, la scuola comunica, con l’ordine, l’accettazione dell’offerta, precisandone le condizioni. Questa corrispondenza può anche avvenire via mail o PEC, con firma digitale (es. MePA) per un importo massimo di € 40.000.

Per concludere, cambia la forma, ma la sostanza resta la stessa, almeno al di sotto della soglia dei 40.000 euro.

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