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L’art. 33, comma 3 della Legge 109/1992 prevede che ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito, anche in maniera continuativa, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il permesso spetta a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno.

La norma precisa poi che il diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Si tratta del cd. referente unico.

In proposito, il parere del Consiglio di Stato n. 5078 del 2008 individua il referente unico nel soggetto che assume «il ruolo e la connessa responsabilità di porsi come punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito».

Il referente unico è sempre lo stesso?

Il Ministero del Lavoro, nell’interpello n. 24 del 17/06/2011, ha affermato che «il referente unico si identifica con colui che beneficia dei permessi mensili per tutti i mesi di assistenza alla persona con handicap grave con esclusione, quindi, di altri eventuali soggetti».

Successivamente, lo stesso Ministero, nel parere n. 32 del 9/08/2011, ha chiarito che «[...] nonostante il disabile assuma il domicilio anche solo per un determinato periodo di tempo, presso la residenza di diversi parenti entro il secondo grado, sarà necessario che ciascun avente diritto presenti, di volta in volta, l’istanza per ottenere il riconoscimento dei permessi di cui all’art. 33, L. n. 104/1992 al fine di prestare legittimamente la dovuta assistenza. Ciò in quanto i permessi ex art. 33 della L. n. 104/1992, come modificato dall’art. 24, L. n. 183/2010, possono essere riconosciuti esclusivamente ad un unico soggetto per ciascun disabile senza che sia possibile stabilire preventivamente che, rispetto ad un determinato arco temporale, siano più d’uno i soggetti che usufruiranno dei permessi in questione».

Sulla base di quanto sopra, dunque, si può ritenere – come affermato da Giorgia Di Cristofaro nell’articolo su Superabile.it dell’INAIL – che «quanto indicato nel parere 24/2011 con la locuzione “per tutti i mesi”, si riferisce esclusivamente al periodo in cui il familiare ha fatto richiesta di permessi, non escludendo pertanto che, terminato tale periodo, un altro familiare avente diritto, possa fare richiesta di permessi legge 104/92 per prestare assistenza allo stesso familiare con disabilità.

Sembra altrimenti difficile trovare motivazioni che possano negare, a più familiari aventi diritto, la fruizione del permesso 104 per prestare assistenza laddove questa possa essere espletata in periodi differenti.

Riteniamo pertanto che un altro familiare possa fare richiesta dei permessi solo quando il primo familiare, che già ne fruiva, cessi di beneficiarne e vengano inviate al datore di lavoro le necessarie comunicazioni».

Il referente unico nel caso di figli disabili

Per i genitori la legge è più flessibile. Infatti, lo stesso comma 3, a seguire, prevede: «Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fru¬irne alternativamente».

Pertanto, i genitori possono alternarsi nella fruizione dei 3 giorni di permesso mensile. Questo non significa che in totale i genitori abbiano diritto a 6 giorni al mese, ma che i 3 giorni spettanti per l’assistenza del figlio possono essere fruiti da entrambi i genitori (ad esempio, 2 la madre e 1 il padre).

I permessi in questione sono comunque compatibili con il congedo straordinario retribuito previsto dall’art. 42 del D.Lgs. 151/2001 nell’arco del mese, tenendo presente che non è comunque possibile fruirne negli stessi giorni.

Il referente unico può assistere più disabili

In ultimo, riportiamo una precisazione contenuta sempre nel suddetto comma 3 dell’art. 33: «Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti».

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