Rapporto di lavoro

Il dipendente pubblico che svolge una seconda attività senza la prescritta autorizzazione della propria amministrazione, è tenuto al versamento alla stessa P.A. dei compensi percepiti per tale lavoro, secondo quanto previsto nel decreto legislativo n.165/2001 e ferme restando le eventuali sanzioni disciplinari.

A dirlo è il Tar del Lazio, con sentenza n. 10599 del 26/08/2019, intervenendo sul caso di un dipendente pubblico che svolgeva anche l’attività di amministratore di condominio, in assenza di autorizzazione da parte della P.A. di appartenenza.

La necessità di autorizzazione nella fattispecie in esame - scrive la Corte - è imposta dalle seguenti disposizioni:

La natura occasionale e saltuaria dell’attività di amministrazione di condomini, svolta dal ricorrente, non assume rilevanza ai fini dell’accoglimento del gravame in quanto concerne, al più, il profilo della possibile autorizzabilità dell’attività stessa, ma non influisce sulla necessità dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione di appartenenza che è specificamente prescritta dalla normativa di cui sopra, in quanto viene in rilievo un’attività non rientrante nei compiti e doveri d’ufficio.

Proprio le norme da ultimo richiamate, poi, prevedono, in caso di svolgimento, da parte del dipendente pubblico, di attività non previamente autorizzata, l’obbligo dell’erogante e, in difetto, del percettore di versare i compensi, previsti per tale attività, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

Pertanto, il versamento all’amministrazione del compenso percepito dal dipendente per l’attività di amministratore di condominio costituisce un obbligo, il che conferma la legittimità degli atti di recupero emessi dall’ente datore di lavoro.

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