Detto tra noi

Uno dei temi più dibattuti scaturiti dal nuovo decreto sulle visite fiscali (DM 206/2017), in vigore dal 13 gennaio 2018, ha riguardato gli infortuni sul lavoro, che, come noto, nella disciplina previgente rientravano nelle cause di esclusione, diversamente dal decreto di riforma; tale eliminazione ha ingenerato la plausibile convinzione che, non essendo più incluse tra le eccezioni, anche le assenze per infortunio fossero soggette a visita fiscale. 

Ebbene, in questi giorni viene in evidenza il parere, reso dall’Ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione ad una Fondazione-amministrazione pubblica e poi trasmesso a tutte le restanti amministrazioni con nota del 20 febbraio. Questo parere, a firma di un dirigente amministrativo (Capo Ufficio legislativo) e non del Ministro, interviene a chiarimento dell’esclusione, motivando che l’assenza per infortunio sarebbe stata eliminata come causa di esenzione dall’obbligo di reperibilità poiché non rientrerebbe tra le competenze dell’INPS, quanto tra quelle dell’INAIL. Tale interpretazione sarebbe suffragata anche da un messaggio INPS dell’agosto 2017, che precisava la propria incompetenza ad effettuare visite fiscali nei casi di infortunio e malattia professionale, di competenza appunto dell’INAIL.

Non è la prima volta che si ricorre, nel nostro sistema giuridico teoricamente “rigido”, ad un utilizzo estremamente elastico (si perdoni l’iperbole) del sistema delle fonti, per cui una norma (sia pur non di rango primario ma regolamentare) viene “spiegata” non con una circolare del Ministro, ma con un interpretazione di un suo funzionario; ci si ricorderà della questione, ben più grave, del congedo obbligatorio per il padre lavoratore (peraltro recentemente ampliato nella durata), per cui, a fronte di una legge che ricomprendeva tutti i lavoratori dipendenti, il combinato disposto di due interpretazioni (anche allora, di funzionari della Funzione Pubblica e dell’INPS), ne limitarono la portata ai soli dipendenti privati, con un semplice parere (valevole ancor oggi).

Anche stavolta, il chiarimento nei confronti di coloro che, ideologicamente forse, ancora si basano su un sistema gerarchico delle fonti e su una interpretazione logico-sistematica delle stesse, lascia dubbiosi in ordine alla forma e al contenuto.

Per quanto riguarda la forma, permangono dubbi sulla competenza di un dirigente pubblico ad interpretare una norma di legge. Sempre la forma ci fa chiedere se prevalga l’interpretazione di un ufficio o un principio di diritto della Corte di Cassazione, che pochi mesi fa, successivamente al messaggio 3265/2017 dell’INPS sopra riportato, disponeva testualmente che “le visite di controllo richieste dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 5 L. 300/1970 nei confronti dei lavoratori privati assenti dal lavoro per infortunio sul lavoro o malattia professionale devono essere eseguite secondo le competenze e procedure previste per le assenze per malattia”, ritenendo senza fondamento l’assegnazione della materia delle visite fiscali all’INAIL.

La sostanza poi ci fa chiedere come mai si consideri la materia dell’infortunio estranea alla disciplina delle visite fiscali, quando la competenza passa all’INPS, e non lo fosse quando la stessa era della ASL (ugualmente incompetente in tema di infortunio), competente in tema di visite fiscali prima dell’istituzione del Polo Unico.

Come spesso accade, la pratica può venire in soccorso; a fronte dell’impossibilità di richiedere la visita fiscale all’INAIL, e all’indisponibilità dell’INPS di ricevere tali richieste, il datore di lavoro semplicemente si trova a non poter procedere, e continua come prima, non richiedendo la visita fiscale in caso di infortunio, e chiedendosi, una volta di più, significato e valore delle norme.

 

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