Sinergie di Scuola

La sentenza di cui ci occupiamo in questo numero riguarda la violazione dei doveri di sorveglianza, gravanti non sugli insegnanti, bensì sui collaboratori scolastici.

La decisione della Cassazione, Sez. lavoro, 2/08/2019 n. 20844, prende le mosse dalla pronuncia del giudice di primo grado, che aveva condannato un bidello presso una scuola dell’infanzia di Ascoli Piceno, per aver avviato due alunne di sei e otto anni allo scuolabus senza accompagnarle, pur dopo aver constatato che erano rimaste sole per la scuola e staccate dal gruppo che le aveva precedute.

Così comportandosi aveva esposto a grave rischio la loro incolumità: ciò era stata ritenuta, dal Tribunale marchigiano, circostanza inescusabile e indice di una negligenza e imprudenza che avrebbe consentito una ben più grave sanzione.

Come ha ricordato il giudice, il collaboratore scolastico avrebbe dovuto accompagnare le minori sino alla fermata dell’autobus, assicurandosi che salissero senza pericolo e affidandole alle cure dell’autista.

Il ricorso in Cassazione

Con la sentenza n. 1013/2013, la Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’appello proposto dal collaboratore scolastico nei confronti del MIUR e dell’USR Marche e, pertanto, il soccombente ha fatto ricorso in Cassazione, affermando che:

  1. I compiti specifici cui è stato assegnato, comprendenti «l’attività di accoglienza e sorveglianza degli alunni di scuola primaria nel servizio post-scuola, nel tragitto scuola-scuolabus e controllo, pulizia del piazzale-parcheggio» e della cui violazione era stato ritenuto disciplinarmente responsabile dalla dirigenza scolastica, gli erano stati affidati (come risulta dalla lettera del 30 dicembre 2012, consegnatagli dal Dirigente scolastico il 12 marzo 2012) successivamente ai fatti in contestazione (che risalgono al 17 febbraio 2012). Ha ritenuto perciò di essere stato condannato dal tribunale ingiustamente, sia perché non era tenuto ad accompagnare fisicamente le alunne sino alla fermata dell’autobus, posto che questo obbligo specifico era stato dettagliato solo dopo i fatti contestatigli nell’ammonizione e sia poiché i fatti si erano svolti in modo diverso da come ricostruiti nei giudizi di merito. Infatti il ricorrente ha più volte affermato che, nonostante non vi fosse tenuto, si era recato al pulmino che sostava adiacente la scuola media. Preliminarmente aveva provveduto a suonare la campanella di fine lezione e aveva aspettato che tutti i bambini fossero arrivati al punto di raccolta e qui vi si era soffermato, perché una bambina non era ancora arrivata: al coro unanime dei bambini che erano giunti tutti, si era avviato verso il pulmino. Qua aveva affidato i bambini all’assistente, ma, nel rientrare a scuola, sul pianerottolo, aveva trovato le due bambine che non erano presenti all’adunata e aveva perciò detto loro di sbrigarsi, di scendere le scale e di raggiungere gli altri bambini, accertandosi con lo sguardo che raggiungessero l’assistente, che però non udiva le sue parole di richiamo. A questo punto il bidello ha sostenuto di essere sceso per le scale e di essersi diretto verso il cancello per accompagnare le bambine, allorquando una mamma lì presente si è recata con lui e le due alunne verso il pulmino, che in effetti hanno preso. Solo quando le minori erano salite sul pulmino il lavoratore era rientrato a scuola.
  2. Non poteva assumere rilievo il riferimento, fatto autonomamente dal giudice di primo e di secondo grado, alla tabella A allegata al CCNL scuola, sia perché non richiamata nel provvedimento sanzionatorio impugnato, sia perché la tabella predetta faceva solo una elencazione dei compiti generali, che possono poi essere richiesti ad ogni singolo specifico operatore secondo il potere e il compito che spetta al Dirigente scolastico attribuire.

La decisione dei giudici e il CCNL Scuola

La Cassazione ha ritenuto il motivo non fondato, poiché ha rilevato che la Corte d’Appello abbia correttamente affermato che l’obbligo di atteggiamento responsabile nella accoglienza e sorveglianza degli scolari in istituto derivasse proprio delle mansioni tipiche del profilo di appartenenza del lavoratore, di cui alla Tabella A “Profili di Area del personale ATA”, allegata al CCNL Comparto scuola del 29/11/2007. Esso ha sancito, all’AREA A, profilo professionale collaboratore scolastico: «[...] È addetto ai servizi generali della scuola con compiti di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche e durante la ricreazione, e del pubblico [...] Presta ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale anche con riferimento alle attività previste dall’art. 47».

Tali disposizioni contrattuali hanno posto in evidenza che le attività di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche (così come l’ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse), attività in cui si inscrive anche l’accompagnamento degli scolari al punto di raccolta per la consegna all’assistente per prendere lo scuolabus, rientrassero tra le mansioni del profilo professionale dell’AREA A di appartenenza del lavoratore medesimo.

Non è stata pertanto ritenuta dirimente la circostanza che la lettera di precisazione delle mansioni del bidello fosse stata inviata dalla presidenza, e ricevuta dallo stesso, in un momento successivo rispetto al verificarsi dell’evento contestatogli.

Circa la ricostruzione dei fatti nuovamente compiuta dal collaboratore scolastico in Cassazione, questa ultima ha affermato che non è ammissibile, poiché egli si è limitato «a una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata». In Cassazione non si possono mettere in discussione la dinamica dei fatti, il modo in cui si sono svolti gli accadimenti oppure produrre nuove prove, altrimenti il giudizio innanzi ai giudici di legittimità si trasformerebbe in un giudizio di terzo grado, avendo ad oggetto il merito della causa, e ciò è espressamente vietato dalla legge.

In altre parole, i giudici della Cassazione non vanno a riesaminare la vicenda e i fatti, ma controllano solo che la legge sia stata correttamente applicata e interpretata dai giudici dei primi due gradi. Per tale ragione si dice che la Cassazione esprime un giudizio di legittimità e non di merito.

Altri casi

In una precedente occasione la Cassazione si è occupata di un caso analogo (Cass., Sez. III, 28/04/2017, sentenza n. 10516).

Questa pronuncia ha preso le mosse dalla decisione del Tribunale di Trieste il quale, tra le restanti statuizioni, ha condannato il Ministero dell’Istruzione, in solido con gli altri responsabili contestualmente individuati, al risarcimento dei danni a seguito del decesso di un alunno, avvenuto allorquando quest’ultimo, terminate le lezioni scolastiche, intento a salire sul pullman gestito da una società, cui il Comune aveva conferito l’appalto per il trasporto scolastico, veniva incastrato nella porta del pullman improvvidamente azionata in modo automatico dal conducente, quindi trascinato e successivamente travolto dallo stesso automezzo che ne cagionava lesioni da cui derivava il decesso.

A fondamento della responsabilità dell’amministrazione statale (per la parte riconosciuta a suo carico), il tribunale ha individuato il ruolo colpevolmente assunto dal comportamento della insegnante, la quale, non seguendo attentamente l’ingresso del minore sul pullman, aveva indotto il conducente ad avviare la marcia rassicurandolo sulla circostanza che tutti gli scolari da trasportare fossero regolarmente saliti a bordo.

La Corte d’Appello ha sottolineato la sicura responsabilità del Ministero dell’Istruzione in relazione al comportamento seguito dalla docente, che, nello svolgimento dei compiti di vigilanza esercitata sugli scolari fino al relativo ingresso sul pullman per il trasporto era incorsa in evidenti difetti di diligenza e di attenzione: mancanze certamente imputabili alla responsabilità (contrattuale) dell’amministrazione scolastica, trattandosi dello svolgimento di aspetti esecutivi, riguardanti la vigilanza e la protezione degli scolari minorenni, comunque connessi ai compiti istituzionali del Ministero e dell’Istituto scolastico.

L’esistenza dei doveri di protezione che incombono sulla scuola rispetto agli alunni ad essa affidati, rispondono all’interesse che il minore affidato dalle famiglie alla scuola per la formazione scolastica, non rimanga in alcun momento lasciato a sé stesso fintantoché, di detto minore, non intervenga a occuparsi un altro e diverso soggetto responsabile (es. l’autista dello scuolabus), eventualmente chiamato a subentrare all’Istituzione scolastica nell’assunzione dei doveri connessi alla relativa posizione di garanzia.

Nel caso in esame, tali doveri di protezione dovevano necessariamente ricomprendere anche il dovere di non perdere la vigilanza dei minori fintanto che il Comune non ne avesse in concreto e di fatto assunto il controllo, a nulla valendo l’affermazione che fossero terminate le lezioni quando l’evento luttuoso si era verificato e che esso avesse avuto luogo al di là del perimetro scolastico.

Precedentemente a questa decisione, la Cassazione penale, con la sentenza della Sez. IV, 07/05/2010, n. 17574, già si era occupata di un caso riguardante la morte di un ragazzo di 11 anni che al termine delle lezioni era uscito di scuola e, sulla strada antistante l’edificio scolastico, era stato investito e schiacciato da un autobus.

Di detto incidente sono stati chiamati a rispondere sia il guidatore del pullman, cui si addebitava di aver condotto il mezzo a velocità troppo alta e comunque di non essersi fermato in presenza dei ragazzi che uscivano da scuola; sia l’insegnante che aveva effettuato la lezione dell’ultima ora di scuola prima dell’uscita, cui si addebitava la violazione del CCNL e del regolamento di istituto che imponevano di assistere all’uscita degli alunni dall’istituto, prevedendo che gli alunni stessi, compresi quelli della scuola media, dovessero essere fatti scendere e salire dai mezzi davanti al portone della scuola e attribuendo all’insegnante la vigilanza in caso di ritardo dei mezzi, statuendo infine, per il caso di ritardo notevole, che i minori fossero consegnati alla forza pubblica; sia la Dirigente scolastica, per avere violato i doveri inerenti la funzione direttiva di cui era titolare, e in particolare il dovere di far rispettare agli insegnanti gli obblighi previsti per garantire la incolumità degli alunni, pur essendo a conoscenza della esistente prassi per la quale gli alunni non venivano fatti scendere e salire dai mezzi; sia i due dipendenti comunali, rispettivamente responsabili del servizio comunale della pubblica istruzione e di quello di polizia municipale, per colpa generica in relazione all’orario di arrivo dell’autobus di linea alla scuola, coincidente con l’uscita dei ragazzi (mentre avrebbe dovuto essere anticipato in modo da poter aver tempo di fermarsi prima del loro arrivo) e per colpa specifica, per non aver fatto delimitare con apposita segnaletica orizzontale e verticale spazi idonei alla fermata dell’autobus, consentendo invece una indisciplinata, caotica e pericolosa circolazione dei mezzi di trasporto contestualmente all’ora di uscita dalla scuola.

Limitandosi il nostro esame, in questa sede, alle responsabilità del Dirigente scolastico e dell’insegnante, occorre evidenziare che, anche questa volta, la Cassazione non ha messo in dubbio l’esistenza di una posizione di garanzia in capo agli addetti al servizio scolastico nei confronti dei soggetti affidati alla scuola; i giudici hanno ricordato che detta posizione si configura diversamente a seconda dell’età e del grado di maturazione raggiunto dagli allievi oltre che delle circostanze del caso concreto.

Il Supremo Collegio ha rilevato che è stata dimostrata, nel corso dei processi di primo e secondo grado, con evidente chiarezza, la assoluta pericolosità della organizzazione del trasporto dei ragazzi, o meglio della mancanza di organizzazione, dal momento che avveniva abitualmente che l’autobus che ha causato l’incidente arrivasse sul posto quando già i ragazzi erano per strada, e non già prima, in modo che i ragazzi, alla loro uscita, potessero trovarlo fermo ad aspettarli, sempre allo stesso posto, come peraltro venne stabilito dopo l’incidente, ad appena tre giorni dallo stesso; quando venne altresì stabilito che al momento dell’uscita i collaboratori scolastici fossero davanti al portone a controllare, e che, in caso di ritardo dell’autobus, si aspettasse a far uscire i ragazzi sino a che tutti i mezzi di trasporto non si fossero posizionati. Queste semplici cautele avrebbero evidentemente impedito l’evento, che si è verificato allorché i ragazzi erano corsi incontro al loro autobus, ancora prima che lo stesso si fermasse nel punto che quel giorno, poiché non vi era una fermata prestabilita, l’autista aveva considerato più adatto.

Di tale pericolosità dovevano farsi carico soprattutto la Preside, che della pericolosità della situazione ben era a conoscenza, in virtù dei poteri direttivi che la legge le riconosce e del più generale dovere di adottare tutte le cautele suggerite dalla ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, a tutela di quei ragazzi che le erano stati affidati e che vedeva uscire da scuola in quelle condizioni. Sarebbe bastato che, attraverso il coinvolgimento dei competenti servizi comunali, venissero attuate quelle semplici misure organizzative che vennero attuate dopo.

Quanto alla posizione della insegnante dell’ultima ora, sussiste anche in capo alla medesima una posizione di garanzia, quale sopra precisata, che le imponeva quanto meno di segnalare la situazione pericolosa di cui si è detto e in ogni caso di vigilare sull’uscita dalla scuola dei ragazzi fino alla riconsegna dei medesimi ai genitori o altri soggetti parimenti responsabili (anche se la Cassazione ha evidenziato che, nel caso specifico, si doveva tenere conto della incertezza che era derivata dalla imprecisa formulazione del regolamento di istituto. Poiché la Cassazione, come già accennato, non è giudice di merito, non compete alla medesima l’esame del regolamento di istituto, che spetterà invece al giudice di rinvio, al fine di comprendere se, alla luce delle disposizioni di riferimento ed altresì di eventuali istruzioni fornite al riguardo dalla Preside, che ovviamente gli insegnanti dovevano rispettare, sia riscontrabile una causa di giustificazione del comportamento della medesima).

Conclusioni

Dalle sentenze che si sono commentate emerge chiaramente, in capo al personale della scuola, siano essi collaboratori scolastici o insegnanti, un preciso dovere di assicurare che gli alunni, nel periodo in cui si svolgono le lezioni e in quello immediatamente successivo al termine delle stesse, non vengano lasciati senza adeguata sorveglianza e non subiscano danni sicuramente evitabili.

Dovere di protezione che è tanto più stringente quanto minore è l’età degli allievi.

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