Sinergie di Scuola

La prima sentenza che andrò a commentare, emanata dal TAR Lazio, Sez. III bis, n. 2712/2022, ha ad oggetto un caso di rettifica di punteggio, da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, assegnato in un primo momento ad una docente di lingue straniere inserita nella graduatoria provinciale per il conferimento delle supplenze (d’ora in poi “GPS”), istituita con O. M. 20/2020.

Questi i fatti. L’insegnante, inserita nelle GPS nella seconda fascia per le classi di concorso AD24 (Lingua tedesca) e AB24 (Lingua inglese) per la provincia di Pisa, aveva impugnato il provvedimento con il quale le era stato rettificato il punteggio inizialmente attribuitole.

Ella sosteneva, in particolare, che i servizi non ritenuti validi ai fini della attribuzione del punteggio afferivano ad attività didattiche curriculari e che l’Amministrazione ne avrebbe escluso la valutazione solo perché affidati con contratto d’opera professionale. Ciò avrebbe causato, di conseguenza, una ingiusta difformità di trattamento rispetto a quanto previsto dall’O.M. 60/2020 per gli insegnamenti prestati con contratti atipici, nelle scuole paritarie o nei centri di formazione professionale, i quali sarebbero invece valutabili ai fini del punteggio (art. 15, comma 3 dell’ordinanza citata).

Le varie graduatorie dei docenti

Prima di addentrarci nella disamina della sentenza, facciamo un passo indietro e ricordiamo che il reclutamento dei docenti avviene tramite l’utilizzo di diversi tipi di graduatoria: ad esaurimento, di merito, provinciali e di istituto.

Ogni anno, in base ai posti che si rendono disponibili sule cattedre delle scuole statali, vengono attinti dalle graduatorie di merito (50%) e dalle graduatorie ad esaurimento (50%) i docenti per le immissioni in ruolo, ovvero per la stipula di contratto a tempo indeterminato.

Mentre nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) sono iscritti i docenti provvisti di abilitazione all’insegnamento (ma dal 2008 non è più possibile iscriversi in queste graduatorie che sono, come indica il nome stesso, destinate ad esaurirsi) e nelle graduatorie di merito (GM) quelli che hanno vinto il concorso pubblico a cattedra, nelle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) – disciplinate dall’O.M. 60/2020, e che comprendono due fasce – sono iscritti in prima fascia gli aspiranti in possesso di:

  • abilitazione per le graduatorie dell’infanzia, primaria, I grado e II grado e personale educativo;
  • specializzazione per le graduatorie di sostegno;

mentre nella seconda, gli aspiranti non abilitati e non specializzati che non rientrano nella categoria precedente.

Oltre alle graduatorie citate, il reclutamento degli insegnanti avviene tramite l’accoglimento della domanda per l’inserimento nelle graduatorie di istituto, contestualmente alla domanda di inclusione nelle GPS.

Le graduatorie provinciali di supplenza e di istituto servono, per coprire le supplenze:

  • fino al 31 agosto (GPS);
  • fino al termine delle attività didattiche (GPS);
  • fino all’ultimo giorno di effettiva permanenza delle esigenze di servizio (graduatorie di istituto).

Cosa ha stabilito il TAR Lazio

Tutto ciò premesso, il TAR Lazio è stato chiamato a valutare se l’attività di insegnamento della docente di lingue straniere rientrasse, a norma dell’art. 15, comma 3 dell’ordinanza citata, negli insegnamenti curriculari dell’Istituto scolastico di secondo grado.

L’ordinanza del Ministero dell’Istruzione, infatti, prevede la valutazione dei seguenti servizi:

I servizi prestati con contratti atipici, non da lavoro dipendente, stipulati nelle scuole paritarie o nei centri di formazione professionale su insegnamenti curricolari o su posto di sostegno, sono valutati, esclusivamente ai fini dell’attribuzione del punteggio nelle graduatorie di cui alla presente ordinanza, per l’intero periodo, secondo i criteri previsti per i contratti da lavoro dipendente.

Sono pertanto valutabili le attività di insegnamento presso scuole paritarie o enti di formazione, anche se affidate con contratti atipici, come potrebbe essere il contratto di prestazione occasionale, purché si tratti di servizi prestati «su insegnamenti curricolari o su posto di sostegno».

Nel caso esaminato dai giudici amministrativi, gli incarichi affidati all’insegnante dall’Istituto scolastico con contratto di prestazione d’opera intellettuale, attenevano allo svolgimento di corsi di inglese “Ket, Pet and First Certificate in English”, nonché di corsi di recupero di inglese e di tedesco.

La difesa della docente ha sostenuto che non vi potessero essere dubbi sulla natura di insegnamenti curriculari di tali attività, poiché riguardanti materie curriculari e perché la loro frequenza era stata riportata nel “curriculum dello studente” in base all’art. 1, comma 28 della Legge 107/2015.

Tale assunto, però, presuppone che esista una perfetta sovrapposizione dei concetti di insegnamento curriculare e di materia curriculare, ma così non è. Il fatto che lo studio delle lingue straniere (inglese o tedesco nel caso di specie) costituisca materia di insegnamento curriculare, ossia su posto di ruolo e con riferimento a specifiche classi di concorso, non comporta automaticamente che i corsi, quali quelli in questione, volti all’approfondimento delle conoscenze degli studenti in queste stesse materie possano considerarsi, solo in virtù della coincidenza della materia di insegnamento, come rientranti tra gli insegnamenti curriculari.

Difatti, sostiene il tribunale, «tali corsi si configurano come facoltativi e si affiancano all’insegnamento curriculare che si caratterizza ontologicamente per essere tenuto nell’ambito dell’orario scolastico, per essere obbligatorio per tutti gli studenti in base al piano di studi attivato dall’Istituzione scolastica e per costituire pertanto oggetto di valutazione e di prova per ciascuno studente».

Come risulta evidente, quindi, tenere un corso non obbligatorio, finalizzato a preparare gli studenti all’ottenimento delle qualifiche “Cambridge English” di lingua inglese, al di fuori dell’orario scolastico, che non sarà valutato al fine del voto finale di lingua inglese presente in pagella, non dà titolo per l’ottenimento del punteggio ai fini della GPS.

Inoltre, i giudici laziali non hanno accolto il rilievo della docente che, richiamando il comma 28 della Legge 107/2015, in base al quale le scuole di secondo grado possono introdurre insegnamenti opzionali, «attivati nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e dei posti di organico dell’autonomia assegnati sulla base dei piani triennali dell’offerta formativa, sono parte del percorso dello studente e sono inseriti nel curriculum dello studente», avrebbe voluto far rientrare i corsi pomeridiani di inglese e tedesco da lei tenuti in tali insegnamenti opzionali ed equipararli a quelli curriculari, poiché facenti parte del “curriculum dello studente”.

Il TAR Lazio, quindi, ha escluso che l’attività svolta dalla ricorrente potesse rientrare negli insegnamenti opzionali, poiché essi sono solo quelli attivati nell’ambito dei posti di organico, i quali non possono che essere affidati mediante le procedure normativamente previste, ossia con contratti di lavoro dipendente, a tempo indeterminato o determinato, mentre nel caso di specie è incontestabile che la docente aveva ottenuto l’incarico attraverso un contratto di collaborazione.

Per di più, anche gli insegnamenti opzionali, una volta scelti dallo studente, entrano a far parte del suo piano di studi e come tali ne diviene obbligatoria la frequenza e la valutazione degli apprendimenti ai fini del conseguimento del diploma finale, circostanza che non si era avverata nel caso di specie.

Inconferente, infine, è stata giudicata la considerazione dell’insegnante che ha evidenziato come il possesso delle certificazioni della conoscenza della lingua straniera (le quali, peraltro, non necessariamente conseguono alla mera frequenza dei corsi in questione), possano entrare a far parte del “curriculum dello studente”. Quest’ultimo difatti, lungi dall’attribuire agli insegnamenti seguiti dagli studenti l’etichetta di “curriculari”, costituisce semplicemente la presentazione, in formato digitale, delle competenze acquisite dai discenti ai fini dell’accesso al mondo del lavoro, ricomprendendosi in esso tutto ciò che a tal fine appare utile (percorso di studi, eventuali scelte di insegnamenti opzionali, esperienze formative anche in pcto, attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico).

Il Consiglio di Stato sulle graduatorie d’istituto ATA

La seconda sentenza in tema di punteggio valevole ai fini delle graduatorie di istituto, riguarda il caso di alcuni assistenti tecnico amministrativi che hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, contro la procedura (disciplinata dal D.M. 50/2021) di aggiornamento delle graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia del personale ATA, per il triennio scolastico 2021-2023.

Il motivo della doglianza è stato individuato dai ricorrenti nella considerazione, da parte dello stesso D.M. 50/2021, del periodo di servizio militare di leva e dei servizi sostitutivi assimilati per legge, quali servizi effettivi, ai fini dell’attribuzione del punteggio, solo se «prestati in costanza di rapporto di impiego».

Più precisamente, gli appellanti, che hanno prestato tutti il servizio militare o servizio sostitutivo assimilato dopo aver conseguito il titolo valido per l’accesso alle graduatorie ATA, ma in un periodo nel quale non avevano ricevuto alcuna nomina scolastica, aspiravano al riconoscimento in termini di punteggio, ai fini di un migliore collocamento nelle graduatorie di terza fascia ATA funzionali per le supplenze per i profili professionali interessati, del periodo di leva non svolto in costanza di nomina alla stregua di quello svolto in costanza di nomina (il che implicherebbe il riconoscimento in loro favore di punti 6 per ogni anno di servizio e punti 0,50 per ogni mese o frazione superiore a 15 giorni).

I ricorrenti hanno fondato le loro pretese sia sull’art. 62 della Legge 312/1980 (Valutazione del servizio militare ai fini del conferimento di incarichi e supplenze), sia su quanto a chiare lettere sancito dall’art. 485, comma 7 del D.Lgs. 297/1994 (il quale stabilisce che «Il periodo di servizio militare di leva o per richiamo e il servizio civile sostitutivo di quello di leva è valido a tutti gli effetti») e del D.M. 201/2000 (sia pure riferito al personale docente ed educativo), disposizioni la cui finalità, coerente con l’art. 52, comma 2, Cost., sarebbe quella di evitare che il servizio militare obbligatorio pregiudichi l’attività lavorativa e nello specifico lo svolgimento dell’attività di ATA, necessariamente impedita e ritardata per il periodo di leva.

Quest’esigenza varrebbe sia per il servizio militare prestato in costanza di nomina, sia per quello espletato dopo il semplice conseguimento del titolo per l’iscrizione in graduatoria e dovrebbe condurre al riconoscimento in ogni caso agli interessati del punteggio previsto.

A sostegno ulteriore di questo ragionamento, i ricorrenti hanno proposto una lettura dell’art. 2050 del D.Lgs. 66/2000, contenente norme sulla valutazione del servizio militare e dei servizi equiparati, nei concorsi pubblici, che si armonizzi con l’art. 485 del D.Lgs. 297/1994 (Testo unico in materia di istruzione).

L’art. 2050, comma 1 stabilisce, invero, che «i periodi di effettivo servizio militare prestati presso le Forze armate sono valutati nei pubblici concorsi con lo stesso punteggio che le commissioni esaminatrici attribuiscono per i servizi prestati negli impieghi civili presso enti pubblici»; il comma 2 che «ai fini dell’ammissibilità e della valutazione dei titoli nei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni è da considerarsi a tutti gli effetti il periodo di tempo trascorso come militare di leva o richiamato, in pendenza di rapporto di lavoro».

L’inciso «in pendenza del rapporto di lavoro» deve intendersi che anche (e non solo) i servizi di leva svolti una volta avvenuta l’assunzione sono valutabili a fini concorsuali, diversamente da quanto affermato nel D.M. 50/2021, che considera computabili solo quelli svolti durante il rapporto di lavoro.

Diversamente ragionando, si creerebbe una illogica divergenza tra il contenuto dei due commi dell’art. 2050 citato, non comprendendosi per quale ragione il comma 1 conterrebbe un principio di ampia portata, svuotato significativamente dal successivo comma 2.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1720/2022, ha fatto proprie le tesi dei ricorrenti, precisando che:

  • alle graduatorie del personale ATA, per quanto non qualificabili come concorsi, deve essere riconosciuta una natura di procedimenti di selezione in senso lato concorsuali, risultando aperte ad una pluralità di candidati in competizione tra loro, e che deve ritenersi, in una lettura integrata dei primi due commi dell’art. 2050, che il comma 2 non si ponga in contrapposizione al comma 1, limitandone la portata, ma ne costituisca specificazione, riferita anche ai servizi di leva e assimilabili svolti in costanza del rapporto di lavoro;
  • lo stesso art. 52, comma 2, Cost., laddove specifica che «Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici», garantisce, a chi sia chiamato ad un servizio (obbligatorio) nell’interesse della nazione, di non perdere l’utile valutazione di esso a fini concorsuali o selettivi.

Il Consiglio di Stato ha terminato il ragionamento proprio ribadendo che «È lungo questa linea interpretativa, in cui l’art. 2050 si coordina e non contrasta con l’art. 485, comma 7, cit., che il sistema generale va riconnesso al sistema scolastico, secondo un principio di fondo tale per cui, appunto, il servizio di leva obbligatorio e il servizio civile ad esso equiparato sono sempre utilmente valutabili, ai fini della carriera (art. 485 cit.) come anche dell’accesso ai ruoli (art. 2050, comma 1 cit.), in ogni settore, sia se prestati in costanza di rapporto di lavoro (art. 2050, comma 2 cit.), sia se espletati a seguito del semplice conseguimento del titolo per l’iscrizione in graduatoria, in misura non inferiore, rispetto ai pubblici concorsi o selezioni, di quanto previsto per i servizi prestati negli impieghi civili presso enti pubblici (art. 2050, comma 1 cit.)».

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