Sinergie di Scuola

Sono trascorsi ormai due anni da quando un comitato di esperti – presieduto dall’attuale ministro Bianchi – elaborò la proposta di inserire nel Piano Scuola per l’anno scolastico 2020/2021 indicazioni in merito ai “Patti Educativi territoriali” (o, per meglio dire e come emergerà nel corso della nostra analisi, ai “Patti educativi di comunità”).

Attraverso tali strumenti si prevedeva che i soggetti pubblici e privati potessero fornire alle scuole un supporto in termini di ampliamento dell’offerta formativa e/o di identificazione di spazi alternativi all’aula per svolgere attività didattiche.

Questa opportunità risultò ancora più significativa al momento della progettazione delle iniziative da realizzare nell’ambito del Piano Scuola Estate, del quale uno dei tre obiettivi dichiarati era proprio quello di creare una nuova alleanza educativa con i territori, che consolidasse il senso di appartenenza alla comunità e prevedesse il coinvolgimento attivo delle rappresentanze degli studenti e dei genitori.

I Patti educativi di recente istituzione non costituiscono comunque una vera e propria novità: già negli anni ’60 esisteva, infatti, un ampio dibattito pedagogico sul tema dell’alleanza tra scuola e territorio.

L’alleanza educativa

Una buona definizione per il significato di “alleanza educativa” potrebbe essere quella indicata dall’attuale Pontefice che, in un documento del 12 settembre 2019 di promozione di un evento mondiale dal tema “Ricostruire il patto educativo globale”, ha parlato di patto educativo tra tutte le istituzioni che svolgono una «missione formativa».

Al di là del concetto di missione, l’invito del Papa sottolinea l’importanza di creare «comunità educanti».

Quali dimensioni può assumere la “comunità educante”? Se ci riferiamo all’Istituzione scolastica, tale definizione deve comprendere tutti coloro che operano al suo interno, includendo anche professionalità diverse da quelle dei docenti (come il personale ATA). Si tratta, infatti, di soggetti che vengono comunque coinvolti nella costruzione di un ambiente finalizzato alla formazione del minore.

In questa accezione, assumono un valore “educazionale” anche le procedure necessarie all’acquisto di materiali didattici o l’intervento di un collaboratore scolastico il cui ruolo non è, di fatto, interpretabile riduttivamente come “addetto ai servizi” (di vigilanza, di pulizia, ecc.).

“Comunità educante” non è, tuttavia, semplicemente sinonimo di “comunità scolastica”, poiché il primo termine è più ampio: definisce infatti il rapporto – sul piano organizzativo e non solo – che deve sempre intercorrere tra scuola e società.

L’azione educativa deve quindi superare i confini dell’edificio scolastico e coinvolgere anche altri soggetti nel servizio in favore degli alunni, degli studenti.

Il presupposto per realizzare un’organizzazione di questo genere è l’esistenza di una comunità sociale, condizione che può essere meglio identificata pensando a contesti di estensione geografica limitata come un piccolo paese, un rione, un quartiere: un territorio, in altre parole, i cui abitanti condividano un’identità e avvertano un senso di appartenenza, al punto che la comunità stessa viene percepita come estensione della famiglia.

In senso lato, la comunità educante dovrebbe gestire un insieme di tematiche ben più estese rispetto a quelle strettamente connesse con il servizio d’istruzione.

A titolo esplicativo, si possono citare le prospettive indicate negli atti degli Stati Generali dell’Educazione che si sono svolti a Pordenone nel 2017 nell’ambito dell’iniziativa “Pordenone diventa Città Educante”:

  • benessere e salute (alimentazione, sonno, dipendenze, sport, attività extra-scolastiche);
  • affettiva e relazionale (relazioni, ascolto, sessualità, web);
  • normativa e legale (rispetto delle regole, cittadinanza attiva, corresponsabilità civile, impegno politico, bullismo, alcool e sostanze);
  • apprendimento (scuola, cultura, lettura, scrittura);
  • inclusione e integrazione (fede, diversità, disabilità, genere);
  • lavoro (alternanza scuola-lavoro, prospettive professionali, agevolazione start-up).

I Patti educativi di comunità

L’esperienza dei Patti educativi territoriali deve collocarsi, quindi, nel quadro più ampio dei Patti di comunità, che si concretizzano in accordi tra cittadini e amministrazioni pubbliche finalizzati a garantire valori costituzionali tra i quali la cosiddetta sussidiarietà orizzontale.

La dimensione “orizzontale” è uno dei due aspetti della sussidiarietà, il cui principio generale è contemplato dalla Legge 3 del 18/10/2001, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, che afferma quanto segue: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento».

Nella sussidiarietà orizzontale non si ipotizzano gerarchie d’intervento tra enti presenti sul territorio, ma una cooperazione tra soggetti che agiscono su un piano paritario.

Per chiarire ulteriormente cosa si intenda per “sussidiarietà” in campo scolastico possiamo rintracciare innanzitutto tale principio nell’evoluzione normativa che sta alla base della cosiddetta scuola dell’autonomia, a partire dal D.P.R. 275 dell’8/03/1999.

Le scuole sono le Istituzioni inserite nel contesto territoriale più vicine ai bisogni dell’utenza nell’ambito del “servizio tecnico di istruzione” e in tal senso sono titolari del servizio in un’ottica di sussidiarietà verticale.

Tuttavia, i Patti educativi di comunità devono andare oltre, ponendosi in una prospettiva di sussidiarietà orizzontale e aderendo ad un modello di amministrazione condivisa, cioè (come si legge sul sito dell’INDIRE nella pagina dedicata alle “piccole scuole”) basata su una «relazione qualificata tra istituzioni, scuole, cittadini e territorio in cui a ciascuno degli attori è chiesto di essere parte essenziale nella definizione dell’interesse generale».

Il principio di sussidiarietà orizzontale sta alla base dei rapporti che si instaurano tra scuola, famiglia, società, enti istituzionali che fanno parte dello stesso processo, finalizzato a promuovere e realizzare un servizio orientato al successo formativo di tutti i minori presenti sul territorio attraverso l’uso pedagogico degli spazi e la gestione di risorse comuni.

Il Dirigente scolastico deve quindi abbandonare la convinzione che l’Istituzione scolastica autonoma rappresenti l’unica realtà educativa presente sul territorio, pur garantendo alla scuola di rimanere esente sia dall’autoreferenzialità sia dalla dipendenza dagli altri soggetti esterni che rientrano nel Patto educativo di comunità.

Come si legge nel documento presente sul sito Invalsi Open intitolato “Patti educativi di comunità: una Scuola per il territorio”, in un contesto di autonomia sussidiaria orizzontale, «agli Enti locali è affidato il compito di promuovere i Patti educativi di comunità attraverso l’organizzazione di apposite Conferenze dei servizi, con il coinvolgimento dei Dirigenti scolastici, per far emergere i bisogni espressi dalle scuole e valutare le proposte di cooperazione di istituzioni educative e culturali e le modalità di realizzazione di interventi e soluzioni». L’iniziativa (cioè la “prima mossa”) spetterebbe, quindi, istituzionalmente all’amministrazione comunale (o comunque agli Enti locali) attraverso un Regolamento per la presentazione di proposte di collaborazione e di coprogettazione con le scuole.

L’Osservatorio nazionale sui Patti educativi

Se vogliamo farci un’idea in merito alle azioni che possono essere concretamente realizzate nell’ottica della sussidiarietà orizzontale, possiamo prendere in considerazione l’Osservatorio nazionale sui Patti educativi, istituito sulla base di un protocollo di intesa tra INDIRE e LABSUS – Laboratorio per la sussidiarietà, che è un’Associazione di promozione sociale nata nel 2005 con lo scopo di promuovere l’attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale attraverso il Regolamento per l’Amministrazione condivisa e i Patti di collaborazione.

L’Osservatorio rappresenta una banca dati finalizzata a diffondere buone pratiche inerenti le esperienze che si realizzano nell’ambito delle comunità educanti, con particolare riferimento alle “piccole scuole” presenti in territori in cui, come s’è accennato, le comunità sociali presentano le caratteristiche ideali per la realizzazione di Patti educativi.

Per concludere, sembra particolarmente importante porre attenzione alla funzione strategica dei Patti educativi di comunità in vista del Piano Scuola Estate 2022 che – a detta del Ministro Bianchi – quest’anno non sarà centrato esclusivamente sul recupero degli apprendimenti e della socialità, ma dovrà prevedere iniziative finalizzate a coinvolgere gli studenti in azioni improntate alla solidarietà e alla partecipazione alla vita comunitaria, anche in considerazione della presenza di molti bambini e ragazzi provenienti dall’Ucraina.

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