Sinergie di Scuola

Il 7 gennaio 2020 è stata la data di apertura delle iscrizioni per l’a.s. 2020/2021, come annunciato nella nota prot. n. 22994 del 13/11/2019 che, nell’ambito delle 23 pagine di indicazioni, dedica il paragrafo 2, punto 2 all’analisi delle procedure relative a “Contributi volontari e tasse scolastiche”.

Nel documento ministeriale si ribadisce la differenza, già approfondita in precedenti disposizioni, tra “contributi” e “tasse”.

In merito a queste ultime, previste dall’art. 200, comma 1 del D.Lgs. 297/1994 e obbligatorie (salvo casi di esonero), ci limiteremo a rammentare che riguardano solo gli ultimi due anni di scuola secondaria di secondo grado e che si riferiscono alle tasse erariali per l’iscrizione, la frequenza, gli esami di idoneità, integrativi, di licenza, di qualifica, di maturità e di abilitazione, nonché il rilascio dei relativi diplomi.

In tutti gli altri casi di corresponsione di somme da introitare nel bilancio scolastico si parla di contributi volontari. La volontarietà è strettamente collegata a quanto afferma in modo inequivocabile l’art. 34 della Costituzione, che definisce la gratuità della scuola dell’obbligo.

Fino al compimento dei 16 anni (o, in altri termini, per tutta la durata del primo ciclo d’istruzione e dei primi tre anni del secondo ciclo) la frequenza scolastica non dovrebbe, quindi, comportare oneri da corrispondere alle scuole. O meglio: non sussiste alcun obbligo in proposito.

In realtà, le richieste di contributi volontari alle famiglie sono state rese possibili solo dopo l’emissione del D.P.R. 275/1999, che all’art. 17 ha abolito le disposizioni del D.Lgs. 297/1994 il quale (all’art. 143, comma 2 e art. 176, comma 3) ne sanciva il divieto.

Il carattere di volontarietà dei versamenti in denaro a favore della scuola dovrebbe ritenersi ampiamente conosciuta, soprattutto da parte del personale scolastico.

Eppure, nel non lontano marzo 2012, si registrò un continuo pervenire, al Dipartimento dell’Istruzione del MIUR, di «segnalazioni in merito a pratiche poco trasparenti poste in essere dalle istituzioni scolastiche nella richiesta alle famiglie e nella gestione dei contributi versati in favore delle scuole».

Il Dipartimento della Pubblica Istruzione ritenne quindi necessario fornire – con nota prot. n. 312/2012 – alcune indicazioni relative ai contributi scolastici da parte delle famiglie degli alunni.

La chiarezza delle precisazioni fornite dal Ministero non ottenne gli effetti sperati, poiché una significativa percentuale di Istituzioni scolastiche disattese, evidentemente, le disposizioni, tanto da rendere necessario un successivo intervento da parte del medesimo Dipartimento.

Fu infatti emanata la nota n. 593 del 7/03/2013, con l’intento di prevenire le conseguenze derivanti dall’applicazione di prassi non corrette, come quella di «danneggiare l’immagine dell’intera amministrazione scolastica e minare il clima di fiducia e collaborazione che è doveroso instaurare con le famiglie».

Nella nota del 2013 si leggeva:

Nonostante le indicazioni fornite con la precedente nota prot. n. 312 del 20/03/2012, continuano a pervenire a questo Dipartimento da parte delle famiglie, numerose segnalazioni di irregolarità ed abusi nella richiesta dei contributi scolastici. Le lamentele sono divenute ancora più pressanti in coincidenza con il periodo delle iscrizioni, al punto che persino una nota trasmissione televisiva ha messo in onda un servizio in cui si denuncia la prassi di alcune istituzioni scolastiche di considerare come obbligatori i contributi deliberati dal consiglio d’istituto e di pretenderne il versamento all’atto dell’iscrizione.

Di fatto, alcune Istituzioni scolastiche continuano ad imporre le decisioni assunte dal Consiglio d’Istituto. In qualche caso, i contributi richiesti vengono collegati al Patto di Corresponsabilità educativa, invitando le famiglie a considerarli nell’ottica di una condivisione di responsabilità in tema di partecipazione e di attuazione del PTOF.

Già nella nota dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna, prot. n. 3928/e25 del 6/04/2005 si parlava, in questo senso, di “dovere solidale” – da parte delle famiglie – di sostenere la scuola in qualsiasi forma ove le condizioni economiche lo consentano.

È necessario, a questo punto, trattare con ordine vari aspetti di questa delicata questione, con il supporto – ove possibile e funzionale – dei correlati atti normativi.

Cercheremo, pertanto, di capire:

  1. Quali siano le destinazioni per le quali la scuola può richiedere, nella maggior parte dei casi, un contributo volontario.
  2. Attraverso quali forme possa configurarsi la contribuzione.
  3. Quali siano le procedure che i competenti organi di gestione debbono seguire nelle attività di acquisizione e di utilizzo dei fondi.
  4. Quali debbano essere le modalità di corretta comunicazione all’utenza delle procedure adottate/da adottare.

Destinazioni dei contributi volontari

In merito al primo punto, va rilevato innanzitutto che a volte le Istituzioni scolastiche, in sede di iscrizioni o all’inizio dell’anno scolastico, sottopongono la richiesta di contributi alle famiglie con una perentorietà che nasconde la volontarietà dell’atto di donazione.

La richiesta, inoltre, può contenere un elenco nel quale sono comprese varie voci che dovrebbero, invece, essere fatte oggetto di comunicazioni separate.

In quest’ultimo caso, si tratta di un’approssimazione che non rispetta le precisazioni delle note ministeriali suesposte, che operano innanzitutto una chiara distinzione tra i contributi volontari e il rimborso di spese sostenute dalla scuola per conto delle famiglie.

Queste ultime consistono nella stipula del contratto di assicurazione individuale per gli infortuni e la responsabilità civile degli alunni, nonché nei libretti per la giustificazione delle assenze e le comunicazioni scuola/famiglia, gli stampati, le spese postali e quelle relative alle visite guidate e viaggi d’istruzione.

A livello contabile, le somme versate per le motivazioni sin qui esposte rientrano tra quelle vincolate, per le quali i genitori effettuano un versamento finalizzato con un’espressa indicazione in causale.

Anche altre finalità, che rientrano tra quelle riconducibili alla volontarietà della contribuzione, possono tuttavia risultare vincolate in quanto riguardanti, ai sensi dell’art. 13 della Legge 40/2007, i seguenti tre settori: «l’innovazione tecnologica, l’edilizia scolastica e l’ampliamento dell’offerta formativa».

È necessario chiarire che la cosiddetta “erogazione liberale” può anche essere finalizzata ad altri obiettivi (purché non rientrino nelle ordinarie spese di funzionamento), tuttavia la normativa in questione (Legge 40/2007), nel disciplinare i requisiti per la detraibilità delle erogazioni liberali a favore delle scuole, ha condizionato quest’ultima all’indicazione in causale: in altre parole, i genitori potranno richiedere la detrazione solo se l’elargizione in favore della scuola verrà utilizzata in uno o più ambiti sopra indicati.

In tutti i casi, la richiesta che viene presentata alle famiglie deve mettere al corrente delle necessità e fornire precisi chiarimenti in merito alla destinazione dei contributi erogati.

Si deve evitare, in altre parole, che le richieste siano generiche e che la successiva decisione in merito all’utilizzazione delle somme raccolte sia lasciata esclusivamente all’Istituzione scolastica.

Si tratta di un comportamento che deve riferirsi a tutte le somme da acquisire: le scuole debbono assicurare la massima trasparenza nell’indicazione delle attività per le quali verranno utilizzate, anche perché deve essere garantita la possibilità di aderire selettivamente alle richieste di finanziamento.

I tre settori indicati dalla Legge 40/2007

Un discorso specifico va riservato, a questo punto, a ciascuno dei tre settori indicati dalla Legge 40/2007.

Per quanto riguarda l’innovazione tecnologica (che prevede la manutenzione e il rinnovo dei laboratori), va sottolineato che la nota ministeriale del 2012 attribuisce a tali ambiti una ricaduta soltanto indiretta sull’azione educativa.

Oltre a rilevare che questa valutazione può anche non essere condivisa, non si può negare, in ogni caso, l’importanza dei contributi, viste le difficoltà economiche che hanno fatto progressivamente diminuire i finanziamenti dello Stato.

Pur se l’autonomia e il riconoscimento della personalità giuridica alle Istituzioni scolastiche offre la possibilità di adottare sistemi alternativi per reperire ulteriori risorse (ad esempio l’alienazione di beni e la fornitura di servizi, contratti di sponsorizzazione ecc.), il budget da destinare al funzionamento didattico (con particolare riguardo alla costituzione e agli adeguamenti dei laboratori informatici e scientifici) risulta spesso insufficiente.

Tale condizione viene ribadita anche nella nota del 2013 che afferma: «Non sfugge a questo Dipartimento che il contributo delle famiglie rappresenta una fonte essenziale per assicurare un’offerta formativa che miri a raggiungere livelli qualitativi sempre più elevati, soprattutto in considerazione delle ben note riduzioni della spesa pubblica che hanno caratterizzato gli ultimi anni».

Per rimanere in tema di contributi alle spese di laboratorio nelle scuole secondarie di II grado, già previsti dalla normativa previgente al D.I. 44/2001, va ancora citata la nota 4314 del 2/05/2012 emanata dall’USR del Friuli Venezia Giulia, la quale conferma «la facoltà di esigere il rimborso dei costi speciali aggiuntivi dalle famiglie», precisando che «Detti contributi sono quelli intesi a compensare – a titolo di modesto concorso – le spese di esercitazione di laboratorio, la cui misura deve essere stabilità con delibera di istituto in rapporto alla strutturazione ed articolazione dei piani di studio e alle loro specifiche situazioni finanziarie».

Secondo la nota citata «Il pagamento di tali contributi è dovuto, poiché è giustificato dal consumo di materie prime utilizzate nelle esercitazioni pratiche».

Un altro ambito di possibile utilizzo dei contributi volontari delle famiglie viene identificato nella manutenzione ordinaria degli edifici scolastici e delle loro pertinenze.

Parlare di questo argomento comporta una riflessione su una materia molto più ampia rispetto al tema dei contributi delle famiglie.

Partiamo dal D.I. 44/2001, che prevedeva, all’art. 46, la possibilità di delega della manutenzione alle Istituzioni scolastiche da parte degli Enti Locali titolari della stessa.

Tale possibilità veniva ricollegata all’art. 3, comma 4 della Legge 11/01/1996, n. 23 (Norme per l’edilizia scolastica) che affermava: «Gli enti territoriali competenti possono delegare alle singole istituzioni scolastiche, su loro richiesta, funzioni relative alla manutenzione ordinaria degli edifici destinati ad uso scolastico. A tal fine gli enti territoriali assicurano le risorse finanziarie necessarie per l’esercizio delle funzioni delegate».

Permane tuttora l’ipotesi che le scuole eseguano lavori su eventuale delega dall’Ente locale, espressa con atto formale ufficialmente sottoscritto per accettazione dal Dirigente scolastico.

In tempi più recenti, tuttavia, l’art. 39, comma 2 del D.I. 129 del 28/08/2018 (Manutenzione degli edifici scolastici) indica la possibilità, da parte delle Istituzioni scolastiche, di «procedere all’affidamento di interventi, indifferibili ed urgenti, di piccola manutenzione e riparazione degli edifici scolastici e delle loro pertinenze, nella misura strettamente necessaria a garantire lo svolgimento delle attività didattiche».

Va sottolineato che, in base alle disposizioni citate, la gestione finanziaria degli interventi si connota soprattutto come anticipazione dei fondi necessari che vanno imputati alle spese di funzionamento dell’Istituzione scolastica, e debbono essere successivamente rimborsati da parte dell’Ente locale competente.

L’erogazione di contributi volontari da parte delle famiglie (che non possono essere utilizzati per le suddette spese di funzionamento) non sembra rientrare in questa ipotesi, ma, eventualmente, in quella prevista al comma 4 dell’art. 39 del succitato D.I. 129/2018, ove si parla di «interventi di manutenzione straordinaria degli edifici scolastici e delle loro pertinenze effettuabili con eventuali fondi propri e d’intesa con il proprietario».

Al di là della questione economica, la realizzazione diretta di manutenzioni e riparazioni rimane, comunque, una possibilità di cui i Dirigenti scolastici preferiscono avvalersi solo in caso di gravi emergenze.

In caso di svolgimento dei lavori in autonomia, ad esempio, ricade sotto la responsabilità del Dirigente scolastico la garanzia che un’impresa incaricata di effettuare l’intervento richiesto sia in possesso dei requisiti per lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro (vedi art. 90 del D.P.R. 207/2010, tuttora vigente in base a quanto previsto dall’art. 216, comma 14 del D.Lgs. 50/2016), nonché abilitata al rilascio delle apposite dichiarazioni e/o certificazioni richiesti dalla normativa.

In altre parole, nonostante le novità introdotte dal D.I. 129/2018, i Dirigenti scolastici, nella maggior parte dei casi, continuano a seguire la prassi legata al profilo di responsabilità delineato dal D.Lgs. 81/2008 (art. 18, comma 3) che prevede, per gli stessi, l’obbligo di segnalazione e richiesta di intervento all’ Ente territoriale competente e le azioni dirette a fronteggiare l’emergenza:

  1. interdizione del luogo a rischio con appositi indicatori;
  2. riorganizzazione di spazi e tempi del servizio scolastico;
  3. eventuale contatto con i competenti servizi di soccorso tecnico urgente (Vigili del Fuoco).

Successivamente, la C. M. n. 74 del 5/01/2019 (Orientamenti interpretativi sul nuovo Regolamento di contabilità) ha inteso tutelare i Dirigenti scolastici fornendo indicazioni di carattere operativo.

Il Documento ministeriale, infatti, prima di precisare le tipologie di interventi possibili che debbono avere finalità esclusivamente conservative (es. piccole riparazioni di falegnameria, idrauliche, edili e affini, che non richiedano interventi specialistici o che non implichino la produzione di specifiche certificazioni ecc.) ribadisce che «l’opzione dell’affidamento autonomo a terzi, da parte delle istituzioni scolastiche, di piccoli interventi manutentivi e/o di riparazione, necessari ad eliminare difetti, guasti e danneggiamenti degli edifici scolastici o relative pertinenze che possano pregiudicare il regolare svolgimento dell’attività didattica, deve considerarsi praticabile unicamente laddove ricorrano in concreto i presupposti indicati dalla norma (indifferibilità, urgenza e necessità dell’intervento finalizzato a garantire le attività didattiche)».

Per riportare il discorso nell’ambito delle collaborazioni scuola-famiglia, va ancora ricordato che, oltre ad erogare contributi in denaro, accade frequentemente che i Comitati dei genitori presenti in moltissime Istituzioni scolastiche siano disponibili a svolgere direttamente questi ultimi interventi di piccola manutenzione ordinaria.

Si tratta di una strada percorribile nelle realtà territoriali in cui gli Enti locali stabiliscono convenzioni con i Comitati suddetti, nelle quali sono risolte le questioni attinenti alla copertura assicurativa e alla fornitura di materiali d’uso e consumo.

In caso contrario, difficilmente si risolverebbe la questione relativa alla responsabilità del Dirigente scolastico in materia di infortuni e altri rischi.

Quanto alle spese per materiali di consumo, sottolineo inoltre la necessità di attuare puntualmente quanto disposto nella nota del 2012, la quale (come sopra accennato) afferma che il contributo volontario non può essere usato per coprire spese di funzionamento ordinario amministrativo (es. per la segreteria e l’amministrazione), ma debba essere eventualmente destinato ad azioni che abbiano ricaduta diretta sull’azione educativa, come l’acquisto di materiali, di beni e di servizi direttamente rivolti alla didattica e al potenziamento dell’offerta formativa. Ciò mette in evidenza la non correttezza di operazioni come quella di attribuire alla manutenzione degli edifici – di cui si è parlato in precedenza– alcune voci come acquisti di carta e toner, di materiale sanitario e igienico ecc.

Anticipiamo, a questo punto, la riflessione indicata al secondo punto dell’elenco degli aspetti che stiamo analizzando: ci chiediamo, cioè, attraverso quali forme possa configurarsi la contribuzione delle famiglie.

È appena il caso di ricordare che, in qualche caso, la richiesta di sostegno economico non comporta un’elargizione in denaro, bensì la fornitura diretta di materiali indispensabili per portare avanti la normale attività didattica (cartoncini, pennarelli ecc.), o per garantire il rispetto di altre necessità (es. carta igienica, sapone ecc.). Si tratta comunque di un onere sostenuto dai genitori degli alunni cui non corrispondono una quantificazione e una rendicontazione finale, ma la cui entità annua è spesso notevole.

Passando all’ultimo degli ambiti per i quali il contributo volontario delle famiglie potrà configurarsi come spesa detraibile fiscalmente in applicazione dell’art. 13, comma 3 della Legge 40/2007, riprendiamo il discorso relativo ai contributi in denaro per la realizzazione di particolari iniziative di arricchimento dell’offerta formativa, concordate con le componenti rappresentative negli organi istituzionali della scuola.

Di queste iniziative potrebbero essere portati molti esempi (corsi di approfondimento di una lingua comunitaria, corsi di Yoga, corsi di scacchi ecc.). Decisamente, però, il loro carattere deve essere extracurricolare.

Nel precedente numero avevamo già avuto modo di evidenziare che la partecipazione a tutte le attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio è, per sua natura, facoltativa.

In questa sede, precisiamo inoltre che la sopra indicata nota n. 312 del 20/03/2012 vieta espressamente lezioni a pagamento nell’orario obbligatorio: «Il contributo non potrà riguardare lo svolgimento di attività curriculari».

Posso affermare di aver avuto esperienza diretta delle potenziali conseguenze di proposte (non accolte perché incompatibili con la normativa) da parte di un gruppo di famiglie di alunni di una stessa classe, di introdurre attività a pagamento (es. di educazione musicale) all’interno dell’orario riservato al curricolo obbligatorio.

In primo luogo, quanti favorevoli all’iniziativa eserciterebbero immancabilmente un condizionamento nei confronti delle famiglie intenzionate a non aderire all’iniziativa e ad astenersi dal versare le quote richieste, considerato il fatto che il contributo rimane volontario.

In caso, poi, di realizzazione dell’attività solo con una parte della classe, i non partecipanti risulterebbero discriminati e lesi nel proprio diritto allo studio.

Inoltre, la presenza di un esperto retribuito con i contributi delle famiglie (e magari individuato dalle famiglie stesse) potrebbe assumere il duplice aspetto di danno erariale (in termini di utilizzo del personale docente) e di dichiarazione di inefficacia delle azioni curricolari poste in atto dalla scuola.

Non mi dilungherò ancora su questi aspetti, perché la portata delle considerazioni sin qui espresse mi sembra sufficiente a chiarire ogni eventuale perplessità.

Esonero

Resta ancora da sottolineare che, per le famiglie in particolari condizioni economiche, è previsto l’esonero dalle tasse (obbligatorie), deve essere prevista una forma di esonero anche dal rimborso delle spese anticipate dalla scuola (comprese le visite guidate e i viaggi d’istruzione) e, ragion di più, non deve essere sollecitato il versamento di contributi volontari.

Certamente, come sottolinea la citata nota dell’USR Friuli Venezia Giulia del 2012, «la volontà di non versare la quota di cui trattasi (nella parte considerata “contributo volontario”) non può essere condizionata alla produzione di richiesta di esonero con allegata autocertificazione che la giustifichi».

Regolamento per la gestione dei contributi volontari

Infine, relativamente alle procedure che i competenti organi di gestione debbono seguire nelle attività di acquisizione e di utilizzo dei fondi, si rammenta l’importanza di delineare un Regolamento per la gestione dei contributi volontari delle famiglie, che deve essere approvato con deliberazione dal Consiglio di Istituto.

Tale atto dovrà contenere le motivazioni delle richieste di contributo (es. scarsità di finanziamenti, volontà di fornire una migliore qualità di servizio educativo ecc.), i criteri per la formulazione dell’importo annuale proposto e le varie voci ad esso afferenti, le modalità e i tempi per l’effettuazione del versamento, le indicazioni riguardanti la detrazione fiscale, le modalità di utilizzo dei fondi (per interventi di ampliamento dell’offerta formativa e non per attività di funzionamento), la ripartizione del contributo e le modalità di gestione e di rendicontazione.

L’ultimo punto del Regolamento potrà riguardare eventuali altre forme di contributi, in particolare quelle che vengono disposte nel corso delle manifestazioni organizzate dalle scuole come quelle conclusive dell’anno scolastico. Si tratta di raccolte di fondi finalizzate al finanziamento di microprogetti da realizzare all’interno delle classi o del plesso attraverso la formula dei “mercatini”. Anche tali fondi, in quanto destinati all’Istituto, dovranno essere versati sul conto corrente bancario per la registrazione in bilancio.

È inoltre consigliabile inserire nel Regolamento anche i riferimenti normativi.

Comunicazioni alle famiglie

Quanto alle comunicazioni alle famiglie, esse consisteranno in un’ampia diffusione del Regolamento, nella consegna di un’informativa che riassume le linee applicative per l’anno scolastico in corso e nella rendicontazione finale.

Quest’ultima, a garanzia degli obblighi di pubblicità e trasparenza, deve dettagliare in modo preciso le entrate e le uscite, che devono riferirsi a specifici progetti o attività.

Anche per le raccolte di denaro in particolari occasioni andranno prodotte specifiche comunicazioni con l’indicazione della cifra e della sua destinazione d’uso.

La comunicazione riferita ai finanziamenti in questione deve considerarsi anche in termini di ascolto e di acquisizione del parere dei genitori nel momento di determinare i contributi volontari o le modalità di investimento delle risorse aggiuntive, in modo da comprendere con esattezza come vengono impiegate e acquisire elementi utili alla programmazione per l’anno successivo.

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